Ambrogio Santambrogio è professore di Sociologia presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Perugia, di cui è Direttore. Si occupa di pensiero collettivo (senso comune, ideologie, immaginario collettivo, cultura politica, rappresentazioni sociali, memoria collettiva) e ha condotto ricerche sui giovani, sulla devianza minorile e sui processi di secolarizzazione. Tra le sue principali pubblicazioni: Destra e sinistra. Un’analisi sociologica (Roma-Bari 1998); Émile Durkheim, contributi per una rilettura critica (curatore, con M. Rosati, Roma 2002); Introduzione alla sociologia della diversità (Roma 2003); Senso comune. Appartenenze e rappresentazioni sociali (Roma-Bari 2006); Introduzione alla sociologia. Le teorie, i concetti, gli autori (Roma-Bari 2008); Giovani a Perugia (curatore, Perugia 2014); Psicofarmaci e quotidianità (curatore, Perugia 2016). Saperi senza conoscenza La scienza, e in particolare le scienze sociali, sono in grado di darci una auto-rappresentazione riflessiva – cioè non solo di tipo tecnico e neppure irrazionale – della realtà in cui viviamo? Non vi è dubbio che questo sia stato il compito che i padri fondatori della sociologia – Comte, Durkheim, Marx, Weber, Simmel, Mead, ecc. – si sono posti: se nel passato la religione prima e la filosofia politica poi (si pensi ad esempio al giusnaturalismo) hanno svolto tale compito, ora, con l’avvento della modernità, di una società fatta da individui, occorrono nuove metodologie e nuove prospettive capaci di assolvere a quella funzione. In fondo, anche la filosofia della storia di Comte, nella sua meccanica successione di stadi, è il tentativo di identificare il nuovo ruolo che le scienze, e in particolare le scienze sociali, possono e debbono svolgere nella direzione di una autocomprensione riflessiva della realtà. Ed è questo ciò che sta sempre più venendo meno nell’orizzonte sociologico contemporaneo: la capacità di pensare, attraverso la produzione di saperi, il senso di insieme, di totalità nel quale siamo inseriti. La sociologia sembra perciò sempre più dimenticare il proprio compito, quello di essere scienza della società, intesa quest’ultima come totalità dei processi che la attraversano. Ciò che è in gioco è il ruolo stesso della sociologia: essa è ancora in grado di fornire una interpretazione complessiva del movimento delle società contemporanee, può ancora utilizzare i saperi che produce per fornire una conoscenza della società, in una prospettiva che rispetti la sua vocazione originaria, quella incarnata nel lavoro dei classici?