(Milano 1630-99) poeta e commediografo italiano. Esordì con libretti per musica (Lucrina, 1666; Bianca di Castiglia, 1674; Affari e amori, 1675) e con una raccolta di Rime varie (1688) di gusto antibarocco, in consonanza con le istanze della nascente poetica arcadica. Ma dell’opera sua restano oggi vive soprattutto le quattro commedie in dialetto milanese: Il manco male (1695), Il barone di Birbanza (1696), I consigli di Meneghino (1697) e Il falso filosofo (1698), cui s’aggiunge l’atto unico Il concorso de’ Meneghini (1698 o 1699), dov’è esposto un programma di riforma teatrale che si contrappone sia alle convenzioni della commedia dell’arte sia alla moda della commedia spagnolesca zeppa di situazioni mirabolanti, per promuovere una diversa rappresentazione scenica, appoggiata a un testo interamente scritto. Più che per le innovazioni tecniche, le commedie di M. interessano tuttavia per l’uso rivoluzionario del dialetto, assunto per la prima volta a fini non parodistici o di divertissement letterario, ma come strumento «par dì la veritae». Ciò risulta evidente soprattutto nel capolavoro I consigli di Meneghino, il cui protagonista diventerà simbolo della sana «popolarità» milanese, che condurrà alla tradizione poetica inaugurata da C. Porta. M. lasciò anche una raccolta di Rime milanesi (postuma, 1701).