Rick Moody è lo pseudonimo con cui è diventato celebre Frederick Hiram Moody, narratore statunitense. Discendente dell’omonimo predicatore protagonista del delitto che ispirò a Hawthorne Il velo nero del pastore − che Moody riscrive in chiave semiautobiografica in Il velo nero. Memoir con digressioni (The black veil: a memoir with digressions, 2002) − conduce un’intensa vita artistica esibendosi al fianco di musicisti jazz e rock. Dai ritmi della scena rock del New Jersey nasce Cercasi batterista, chiamare Alice (Garden State, 1992). Si è affermato con Tempesta di ghiaccio (The ice storm, 1994), che narra, sulle orme di J. Cheever, le infedeltà e le disfunzioni domestiche dell’America benestante, e soprattutto con il successivo Rosso americano (Purple America, 1997), storia di un alcolista che torna accanto alla madre invalida abbandonata dal patrigno. Nei Racconti di demonologia (Demonology, 2001) torna a scrivere, nel suo caratteristico stile labirintico e a tratti incantatorio, di famiglie agiate del Nordest minate da fobie, dipendenze e disagi. Attratto dagli stati mentali estremi, M. esprime il senso di una catastrofe incombente e continua a offrire un quadro gotico e sofferente dell’America tra i due millenni di cui non si sforza di nascondere le piaghe anche nelle successive prove narrative: Diviners. I rabdomanti (The diviners, 2005), Tre vite (Right livelihoods: three novellas, 2007), Le quattro dita della morte (The four fingers of death, 2010), Hotel del Nord America (2016).