(Clairac, Agen, 1590 - Chantilly, Parigi, 1626) poeta francese. Nato in una famiglia di piccola nobiltà protestante, dopo anni dedicati agli studi e vissuti in maniera irregolare e avventurosa si stabilì a Parigi. Nel 1615 entrò al servizio del conte di Candale; fu incaricato di numerose missioni all’estero e si inserì negli ambienti intellettuali della capitale. Ispirò un’intensa attività poetica ai valori dell’etica libertina, alla satira antireligiosa, all’esaltazione dell’erotismo. Allontanato dalla corte, nel 1621 compose la tragedia pastorale, di tipica fattura barocca, Piramo e Tisbe (Pyrame et Thisbé), liberamente ricavata dalla Sampogna di G.B. Marino. Nel 1623, in occasione della pubblicazione di una raccolta oscena, Il Parnaso satirico (Le Parnasse satyrique), che gli venne attribuita, fu attaccato duramente dai gesuiti. Arrestato, rimase in carcere per due anni, rischiando la condanna a morte per ateismo. Bandito da Parigi, morì poco dopo per le conseguenze della detenzione. La sua fortuna presso i contemporanei fu notevole: delle sue Opere (OEuvres, 3 voll. comprendenti odi, elegie e Piramo e Tisbe) furono stampate 93 edizioni tra il 1621 e il 1699. Considerato a lungo un antagonista di F. de Malherbe, V. fu cantore di emozioni eterne (le gioie dell’amore, la bellezza che sfiorisce, la fuga del tempo, l’incanto dei paesaggi naturali), con accenti che sembrano anticipare i toni romantici, ma che in realtà si accordano perfettamente alla poetica barocca.