Carlo Crosato ha conseguito il dottorato di ricerca in filosofia presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. È autore di L’uguale dignità degli uomini (Assisi, 2013), di Dialogare con il solipsista (Roma, 2015), e di Dal laicismo alla laicità (Roma, 2016). Collabora con la sezione filosofica di Micromega, Il rasoio di Occam. I suoi interessi sono ora orientati ad approfondire il dibattito politologico contemporaneo a partire dal pensiero della biopolitica. Ha pubblicato due sillogi di versi. Il tema della sovranità Come una sorta di irreducible remainder, il tema della sovranità ricorre costantemente nel dibattito pubblico e nella riflessione filosofico-politica dall’età moderna a oggi. Esso si declina secondo i differenti motivi che nelle varie epoche si susseguono, superando le traversie che segnano la gestazione, la maturazione e poi l’offuscamento dello Stato moderno: nata come ripensamento in chiave scientifica della convivenza civile, la nozione di sovranità si articola in stretta connessione con l’elaborazione del concetto di Stato e di quello di nazione; maturata parallelamente allo sviluppo di un’economia capitalistica e a un mercato viepiù liberale, la sovranità trova nell’epoca del neoliberismo globale la fase forse più critica della sua vicenda storica, in parte propiziata dalla ridefinizione della geografia politica europea a seguito della Prima guerra mondiale, dal disfacimento degli ultimi imperi e dal complicarsi della relazione tra Stato e nazione. All’affermarsi di dinamiche che eccedono le competenze dello Stato, sia in senso internazionale che in senso transnazionale, all’attestarsi di sfere che erodono attivamente la sovranità dello Stato, all’emergere di processi coesivi e comunitari su scala locale che sfuggono alle maglie larghe della regolazione statuale, corrisponde una reazione spesse volte parossistica da parte dello Stato, che, proprio mentre cerca di riaffermare la propria geometria trincerandosi dietro barriere sempre più sofisticate, si vede costretto a porre tale reazione al servizio delle esigenze di quella globalizzazione che ne minaccia la sovranità: le barriere diventano filtri per regolare i flussi di capitale materiale e umano; la politica nazionale si trasforma in esecuzione di dettami eteroimposti, da parte di governi cui viene permesso di esibire forza e autorità solo se a sostanziare la loro azione è il discorso denazionalizzante. C’è chi ha descritto questo scenario come quello di Stati murati in un contesto di sovranità in declino; e chi ha affermato che viviamo in un’epoca al contempo post-sovranitaria e iper-sovranitaria. Una rimanenza irriducibile, dunque, che proprio mentre sbiadisce torna ad affermarsi, e proprio se si impone lo fa con gli strumenti della propria emarginazione. E tuttavia, se l’epoca attuale ci impone un confronto con l’offuscarsi del ruolo dello Stato e della sua sovranità, essa ci permette anche di interrogarci in merito alla salute del concetto stesso di sovranità, alla sua relazione storicamente salda e quasi esclusiva con lo Stato moderno, ma anche in merito alla necessità o meno di questo rapporto tra sovranità e Stato, alla possibilità di ripensare la sovranità e tutta la costellazione che essa importa nel dibattito moderno e contemporaneo salvandone gli aspetti più promettenti. In altri termini, il declino dello Stato com’è stato pensato dall’età moderna in poi implica necessariamente il declino della nozione di sovranità? E, in modo ancora più fondamentale, è strutturale e quindi ineliminabile il vincolo che storicamente è venuto a formarsi tra Stato e sovranità? Si può pensare un’attività autodeterminante e autocostituente, una politica partecipata e attiva, una concertazione di volontà autonome e indipendenti, al di fuori dei limiti concettuali dello Stato?