Figlia di rifugiati ebrei provenienti dall'Iran, Dorit Rabinyan nasce nel 1972 a Kfar Saba, in Israele. A diciannove anni pubblica la sua prima raccolta di poesie, seguita nel 1995 da "Spose persiane". Protagonista del romanzo è una ragazzina di quindici anni, abbandonata incinta dal marito mercante nella Persia degli anni Cinquanta. «Da lì – ha dichiarato Rabinyan in un'intervista a Lara Crinò – ho cominciato a riflettere sulla mia identità stratificata. Sull'essere una donna del Medio Oriente. A chiedermi: quanto sono davvero libera? Quanto sono condizionata, formata, costretta dalla cultura da cui provengo, dalla mia educazione israeliana? E che cosa significa per me l'altro, quest'entità araba che ci circonda da ogni lato?» ("L'Espresso", 2016). Sulla falsariga di questa costante ricerca dell'identità nasce "Le figlie del pescatore persiano", che narra le vicissitudini di una famiglia persiana stabilitasi in Israele, mentre il successivo "Borderlife" rievoca la storia d'amore fra due giovani – lei israeliana, lui palestinese – nella New York dei primi anni Duemila; un amore possibile soltanto nella terra neutra della metropoli americana. L'uscita dell'opera – molto amata in madrepatria – ha avuto una forte risonanza nei media israeliani e internazionali, specie dopo che il Ministero dell'Istruzione aveva deciso di escludere il libro dalle letture per i liceali accusandolo di farsi promotore delle relazioni miste e di un'immagine falsata dell'esercito israeliano.
Fonte: Festivaletteratura