Compositore. Inizialmente autodidatta, seguì poi studi regolari al conservatorio di Roma, dove insegnò dal 1939. Sovrintendente del teatro La Fenice di Venezia (1937-40), direttore artistico dell'Accademia filarmonica romana (1947-50), presidente della Società internazionale di musica contemporanea (1954-56), ha tenuto dal 1958 al 1974 un corso di perfezionamento di composizione presso l'Accademia di Santa Cecilia a Roma. Ha svolto anche attività di direttore d'orchestra in vari paesi d'Europa e d'America. Messosi in luce come compositore a poco meno di trent'anni, con la Partita (1932), P. si affermò rapidamente come una delle intelligenze musicali più lucide e coscienti della sua generazione, iniziando un percorso stilistico segnato da eccezionale ampiezza di aperture e da logica coerenza. La produzione iniziale, fino al 1940 circa, rivela una marcata attenzione agli sviluppi musicali della produzione europea. Da un lato, sulla scia di Malipiero e Casella, P. tende in questi anni a ricuperare e rivivere la tradizione vocale e strumentale italiana (Toccata per pianoforte, 1933; Lamento d'Arianna per voce e pianoforte, 1936); dall'altro, la sensibilità agli esempi di Stravinskij e di Hindemith lo porta a un neoclassicismo segnato in primo luogo da solida compattezza architettonica, come nell'Ouverture da concerto (1931) e nella Partita prima citata, entrambe per orchestra, nell'Introduzione e Allegro (1933) per violino e 11 strumenti e nel Concerto per pianoforte e orchestra (1939). Soprattutto nelle composizioni con partecipazione corale, P. mette a punto in questo periodo uno stile che prelude chiaramente ai posteriori sviluppi, culturalmente suggestionato dall'arte barocca, romana e controriformista, ed esemplificato da opere di notevole rilievo come il Salmo IX per coro, archi, ottoni, percussione e 2 pianoforti (1936) e il Magnificat per soprano, coro e orchestra (1940). La produzione successiva rivela un atteggiamento più meditativo e introverso, un approfondimento non casuale della tematica religiosa, un allargamento del materiale tecnico e linguistico, un arricchimento della sua personalissima timbrica: nascono così alcune delle composizioni più significative di P., come Coro di morti, su testo di Leopardi, per coro maschile e strumenti (1941), le Due liriche di Saffo per voce e undici strumenti (1941), Quattro inni sacri (1942) per voce maschile e organo, i balletti La follia di Orlando (1943) e Ritratto di don Chisciotte (1945), le opere in un atto Il cordovano (1949) e Morte dell'aria (1950), la cantata Noche oscura per coro e orchestra (1950-51), i 5 Nonsense per coro misto a cappella (1952, un sesto Non-senso si aggiungerà nel 1964), il Gloria in excelsis Deo per soprano, flauto e organo (1952). Nel frattempo si viene definendo il linguaggio strumentale di P., che dopo il 1951 prende il sopravvento nella sua opera, mentre la produzione vocale, prima predominante, diviene più saltuaria. I Concerti per orchestra a partire dal Terzo (Récréation concertante, 1953) sino all'Ottavo e ultimo (1972) presentano un incalzante sviluppo linguistico, che muove da caratteristiche vagamente bartokiane per mettere progressivamente in discussione i nessi discorsivi tradizionali. Quasi svuotando dall'interno la figura sonora per ridurla a cellule minime, ad astratti arabeschi, oppure assimilando in modo del tutto personale la dodecafonia e poi le tecniche della neoavanguardia, P. radicalizza il proprio astrattismo fino ad approdare a una liberazione della materia sonora. Questo itinerario si compie anche in importanti pagine cameristiche, come la Sonata da camera per clavicembalo e dieci strumenti (1948), il Quartetto per archi (1956), la Serenata per 5 strumenti (1958), il Trio per violino, viola e violoncello (1959). Del 1960, infine, è il Concerto per flauto e orchestra. A partire da tale data, P. ha coltivato prevalentemente la musica da camera: Propos d'Alain per baritono e 12 strumenti (1960), la Seconda serenata-trio per arpa, mandolino e chitarra (1962), Musica di ottoni e timpani (1963), Tre per sette per 3 esecutori con 7 strumenti a fiato (1967), Estri per 15 esecutori (1967), Ottetto di ottoni (1968), Béatitudes: testimonianza per Martin Luther King per baritono (o basso) e 5 strumenti (1969); Elogio per un'ombra per violino solo (1971), 4 Odi per quartetto d'archi (1973-75), Gran Septuor con clarinetto concertante (1978). Del 1974-75 è però un nuovo lavoro per coro (con ottoni, viole e violoncelli), Orationes Christi, e del 1977-80 un'importante pagina orchestrale, il Poema per archi e trombe. Ancora per tutto il successivo decennio P. ha dato prova di una straordinaria longevità creativa, con composizioni strumentali come Sestina d'autunno per 6 strumenti (1981-82), Frammenti per orchestra (1983) e meditazioni religiose come Laudes creaturarum per voce recitante e 6 strumenti (1982) e Tre cori sacri a cappella (1983).