Lacopo Vignola insegna Storia, Filosofia e Scienze Umane nei Licei. I suoi interessi di ricerca vertono sul pensiero critico di Kant e sulla Scuola di Francoforte, con riferimento particolare a Herbert Marcuse. Tra le sue pubblicazioni, segnaliamo il volume (con P. Vignola) Sulla propria pelle. La questione trascendentale tra Kant e Deleuze (Roma 2012). Kant, Stirner, Nietzsche, Marcuse La critica kantiana ai limiti del meccanicismo rispetto alle questioni concernenti gli enti vivi si trasforma, con Stirner, nella necessità di un superamento della tradizione metafisica occidentale, colpevole di essersi sempre mossa all’interno di un orizzonte conoscitivo astrattamente universale, drammaticamente lontano dalla dimensione immanente in cui l'individuo lotta contro tutto ciò che gli impedisce di riconoscersi come «unico». Dalla vana ricerca di pervenire alle essenze universali della realtà, il discorso filosofico si è smarrito nel suo cammino, approdando in un non-terreno – in un Himmel – di concetti vuoti ed astrattezze ideologiche che prescindono dalla concretezza ed irripetibilità dell'esistenza individuale, strutturalmente estranea rispetto alla costruzione di categorie universali dentro cui assorbire e neutralizzare le differenze. La trascuranza del carattere unico ed irripetibile di ogni prospettiva esistenziale concreta ha portato la filosofia, secondo Stirner, ad una scissione sempre più netta tra la dimensione concreta dell'esistenza individuale e la generalizzazione astratta di quest'ultima, con la conseguente costruzione ideologica di un non-mondo, di un regno spirituale che, nella stessa misura in cui soffoca ogni peculiarità individuale, la sottopone al suo dominio. Nella prospettiva stirneriana diventa dunque imprescindibile che la riflessione filosofica metta in luce questo meccanismo di occultamento del reale-concreto e renda consapevole l'individuo dell'urgenza esistenziale di potersi riconoscere come baricentro energetico di prospettive trascendenti ogni tentativo di schematizzazione e codificazione istituzionale. Urgenza che, con Nietzsche, non solo continua, ma addirittura si amplifica ed estende, coinvolgendo la dimensione del reale nella sua totalità: non si tratta solo di potersi riconoscere come unici, bensì di ribaltare la stessa ontologia, di superare le categorie filosofiche tradizionali in favore di una pluralità sempre in-divenire di prospettive creatrici di senso. Dal momento in cui è stata decretata l'impossibilità di pervenire ad un significato oggettivo del mondo, ad una spiegazione onnicomprensiva del reale, diventa necessario trascendere ogni criterio valutativo – sia esso teoretico o pratico – per assumere una prospettiva capace essa stessa di produrre valore. Smascherare il falso-ordine per sprofondare nell'abisso caotico dell'esistenza, coglierne il nulla che la sottende e costruire, dalle ceneri della metafisica, nuovi mondi estetici, nuovi scenari di vita oltre-l'uomo medesimo, all'insegna di una volontà di potenza costantemente rinnovantesi. L’essenza molteplice ed esponenzialmente problematica della realtà nel suo nascondersi alla verità è ciò che Husserl rimproverava al positivismo scientifico di non essersi fatto carico, soprattutto nella misura in cui esso prescindeva dalla considerazione del terreno profondo e originario, donatore di senso a tutto ciò che si pretende calcolare o misurare, ovvero, il «mondo-della-vita». La Lebenswelt nietzschiana rappresenta, in una accezione energetica, ciò che Kant interpretava da un punto di vista prettamente biologico: il vivente in quanto espressione di una forza vitale, in quanto Lebenskraft. A sua volta, Marcuse riprende il problema della Lebenskraft e della Lebenswelt per affrontarli da una prospettiva, potremmo dire, socio-politica. La vita, il mondo-della-vita, l’esistenza degli esseri umani è frutto, per il filosofo francofortese, di determinate condizioni materiali, economiche e sociali presenti nelle particolari congiunture storico-politiche di volta in volta date; ecco dunque, anche in questo caso, l’esigenza di una riflessione trascendentale, tesa ora, però, non tanto a stabilire le condizioni di possibilità delle scienze naturali, bensì diretta alla promozione di una trascendenza immanente delle contraddizioni presenti nella società contemporanea. Come si mostrerà nelle pagine a seguire, quello di Marcuse è un trascendentale socio-politico che vuole liberare la vita dalle dinamiche totalitarie e repressive di un Sistema sociale che fa del benessere materiale e dell’efficienza tecnologica i veicoli del dominio politico, della competizione tra gli individui e del mero profitto economico. Anche in questo caso il sapere scientifico si mostra colpevole di essersi, non solo allontanato da ciò che non è calcolabile e misurabile, da ciò che prescinde l'idolatria del positum – come ben mostrava Nietzsche –, ma addirittura di aver fatto della matematizzazione e dominazione della natura, compresa ovviamente quella umana, l’unico criterio della propria legittimità. Per Marcuse, l’orizzonte del pensiero positivistico ha fagocitato ogni possibilità di alternativa, escludendo ogni espressione o forma d’esistenza non in linea con quella dettata dal Sistema capitalistico, il quale si fa scudo del progresso tecnologico per perpetuare ed intensificare la sua azione totalitaria. Da Kant a Marcuse, rimodulandosi attraverso Stirner e Nietzsche, il problema del vivente e del superamento del suo essere-già-dato, pur cambiando di volta in volta gli scenari di crisi in cui si muoveva, è passato di testimone in testimone mantenendo sempre un'importanza fondamentale, o ancor meglio, trascendentale.