Compositore. Figlio di un agiato mercante, compì gli studi musicali a Napoli, dove nel 1737 fece rappresentare con buon esito la sua prima opera buffa, L'errore amoroso. Dopo aver raccolto altri successi a Roma con Ricimero re de' Goti (1740) e Astianatte (1741), e a Bologna con Ezio (1741), venne chiamato a Venezia, dove rappresentò Merope (sempre nel 1741) e dove, grazie all'appoggio di J.A. Hasse, gli fu assegnata, nel 1743, la direzione del conservatorio degli Incurabili. Tornato a Roma, compose per il teatro Didone abbandonata (1746), Don Trastullo (1746) e Artaserse (1749). Nello stesso anno (1749), grazie all'interessamento del cardinale Albani, si recò a Vienna, dove conobbe Metastasio (di cui aveva già musicato diversi libretti) ed entrò in contatto con l'ambiente che auspicava la riforma del melodramma: nelle opere composte a Vienna (Achille in Sciro, Catone in Utica e una seconda versione della Didone abbandonata, tutte del 1749) mirò a una coesione fra musica e testo poetico superiore a quella riscontrabile nei melodrammi precedenti. Tra il 1750 e il '53 fu di nuovo a Roma, dove assunse il posto di maestro coadiutore in S. Pietro; ma la sua arte raggiunse la piena maturità a Stoccarda, dove risiedette dal 1753 al '69 in qualità di maestro di cappella del duca Carlo Eugenio di Württemberg. Qui, dove agiva anche il grande coreografo Jean Georges Noverre, egli conobbe infatti le concezioni melodrammatiche francesi e i sinfonisti della scuola di Mannheim, che esercitarono una chiara influenza sulla sua arte compositiva, sempre più elaborata e attenta nella ricerca di un tessuto orchestrale adatto a sorreggere il canto e l'espressivo declamato delle sue opere (delle venti – tra serie e buffe – da lui composte in quegli anni si ricordano Fetonte, 1753, e Olimpiade, 1761). Nel 1769 rientrò in Italia stabilendosi nei pressi di Napoli, dove compose ancora alcune opere che non ebbero buona accoglienza, salvo Armida abbandonata (1770) e Il trionfo di Clelia (1774), scritta per il re del Portogallo. Il relativo insuccesso lo spinse a dedicarsi alla musica sacra, genere al quale diede fra l'altro, poco prima di morire, il famoso Miserere per due voci e orchestra. Musicista di elevate concezioni artistiche, aperto alle innovatrici esperienze contemporanee in campo musicale e drammatico, J. segna – con J.A. Hasse e T. Traetta – uno dei momenti decisivi nell'evoluzione dell'opera seria napoletana, che viene via via disancorandosi dallo schematismo convenzionale per attingere una maggiore libertà di forme nel gioco più serrato dell'orchestra, delle arie, dei recitativi.