(n. a Colofone nel 570 ca a.C.) poeta e filosofo greco. Lasciò la sua patria, a causa della conquista persiana della Ionia, iniziando una lunga serie di peregrinazioni, indicative anche dell’irrequietezza intellettuale e della molteplicità di interessi del poeta, rappresentante di un nuovo tipo di cultura, disincantata e razionalistica, che si era venuta affermando nel mondo ionico. Famosa è la sua critica alla concezione antropomorfica degli dei, propria di Omero ed Esiodo: se i buoi e i cavalli avessero le mani e sapessero disegnare, raffigurerebbero gli dei a loro somiglianza. In un altro frammento, S. afferma che gli dei non hanno rivelato agli uomini tutto in una volta e che gli uomini, con il passare del tempo, possono approfondire le loro conoscenze: è una traccia importante della concezione del progresso umano che caratterizzerà tutta la cultura greca. Congruenti con tale atteggiamento sono le ricerche di S. nel campo delle scienze naturali: una delle sue opere in esametri dattilici aveva il titolo Sulla Natura. S. introdusse un nuovo genere letterario, i silli, componimenti satirici in esametri, intercalati da giambi; in uno di essi è contenuto l’attacco a Omero e Esiodo, colpevoli di aver attribuito agli dei azioni immorali (il frammento è citato da Ateneo). Altri frammenti (considerati dagli antichi come appartenenti alle Elegie) sono interessanti perché confutano alcuni canoni morali del tempo, come il valore atletico e quello militare. Gli si attribuiscono due poemi, sulla fondazione di Colofone e sulla colonizzazione di Elea, in Italia. La lingua di S. è lo ionico dell’epos.