(Atene 640 ca - 560 a.C.) legislatore e poeta greco. Di famiglia aristocratica, già segnalatosi come poeta con la celebre elegia per la conquista di Salamina (600 ca), fu nominato arconte con poteri straordinari nel 594, quando gli aristocratici, detentori del potere politico e della proprietà fondiaria, paventarono il precipitare della crisi sociale. S. respinse la richiesta popolare di una ridistribuzione delle terre, ma sancì retroattivamente l’abolizione delle ipoteche sui terreni dei contadini e decretò l’illegalità della schiavitù per debiti. Sul terreno politico sostituì al diritto di nascita il criterio del censo. Con questi e con numerosi altri provvedimenti legislativi, economici e sociali (tra cui la legge sull’eredità, la riforma monetaria, la legge sulla tutela statale degli orfani) S. fornì la base costituzionale alla repubblica ateniese e sviluppò una concezione politica feconda, non estranea alle successive trasformazioni democratiche. Della sua opera poetica, che costituisce il primo documento letterario di Atene, restano frammenti di elegie politiche e morali (intera è pervenuta l’Elegia alle Muse, una sorta di repertorio delle idee dell’autore) e di giambi, diretti soprattutto alla difesa della sua opera legislativa. S. è il poeta della giustizia, la divinità su cui si fonda il benessere e la pace sociale della città, e di una forma meno arcaica di convivenza, basata sulla legge. Le sue idee, familiari fin dall’infanzia a tutti gli ateniesi, sono una delle basi della grandezza di Atene in età classica; ed è soprattutto per questo che egli, simbolo del legislatore retto e disinteressato, fu annoverato dalla tradizione fra i «sette sapienti».