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Anno edizione: 2021
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Un percorso, quello di questo libro, articolato e insieme unitario, che si impone nella sobrietà cupamente orizzontale delle emozionanti parti che precedono – spesso anticipandola nei toni – quella verticalità vibrante e tagliente in profondo che si delinea nel decisivo capitolo finale.
«Non c'è che dire, nonostante la bontà, e in qualche caso l'eccellenza di tanta poesia milanese dal secondo Novecento a oggi, la città e i riferimenti umani della poesia di De Angelis hanno un taglio tutto loro» - Roberto Galaverni, la Lettura
Figura tra le più rilevanti e apprezzate nella poesia, non solo italiana, di questi decenni, Milo De Angelis torna con un'opera che ne conferma e ne accresce il carattere specifico e l'imprescindibile valore. Il poeta ci conduce attraverso la pervasiva tensione delle sue esplorazioni, ci racconta dei fantasmi che affiorano dalla memoria, a volte ingannevolmente dolci ma ben più spesso sinistri. Fantasmi provenienti da zone remote, a partire dall'«oceano dell'infanzia», assorbiti in un presente che ne rispecchia un forte senso inquieto di solitudine e silenzio. Prevale l'ambientazione in una realtà urbana con i suoi concreti dettagli, dove l'io lirico compie viaggi notturni, tra autobus, supermercati o sale cinematografiche, «nel dedalo / delle piccole convulsioni» di una quotidianità opaca. La narrazione che ne scaturisce è ricca di figure e personaggi, nello squallore di «un male senza origine»; l'atmosfera è quella di un perenne esilio, pur con improvvisi, rapidi squarci di una luce viva per quanto molto effimera, in quadri di sapore a volte onirico. Circola dunque, in Linea intera, linea spezzata , la presenza costante del ricordo, sempre attivo e formicolante nelle sue briciole più indelebili, nelle sue molteplici immagini, misteriosamente capaci di oltrepassare se stesse. E insieme si manifesta con vibrazioni inattese tanta "prosa", qui opportunamente giostrata in una versificazione aperta, duttile, che ne modifica i contorni con una capacità immediata di coinvolgimento comunicativo.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Opera della raggiunta piena maturità - umana e stilistica - di De Angelis, poeta ormai indiscutibilmente all'apice del suo percorso e tra i più rimarchevoli dell'attuale panorama italiano (e non solo). Il suo dettato, già da "Tema dell'addio" e più ancora da "Quell'andarsene nel buio dei cortili" si è fatto via via più dolente e straziante, ha acquistato una voce che tocca corde di sensibilità estrema, riesce a persuadere emozionando e mantenendo teso e alto il tono poetico. Certi squarci urbani nelle immagini di De Angelis partecipano a pieno titolo dei sentimenti e dell'errare dell'autore, trafitto da profonda sofferenza, e fungono da riflesso di un "tu" personaggio che agisce sulla scena chiamato in causa dalle situazioni evocate.
In questo nuovo libro (dal cantabile novenario del titolo, con l’anafora allusiva a una regolarità drammaticamente infranta) De Angelis si concede a una confidente apertura sentimentale, rinunciando sia ad arroccarsi in ermetismi difensivi, sia a trasgressive violazioni formali. Ne sono avvisaglia i versi dolcissimi (nella loro armoniosa musicalità e nel riverbero di una recuperata e fragile adolescenza) riportati sulla quarta di copertina: “E allora facciamo silenzio, mio piccolo amore, slacciamo / i sandali, togliamo il braccialetto di cuoio: / chiuderemo la porta e scenderemo, scenderemo / con i nostri pochissimi anni nell’occulto che ci chiama, / mentre il pavimento prende il colore della notte, / scenderemo noi due, scenderemo noi soli, perderemo / la vita”. La Milano dell’infanzia e degli anni giovanili fa da sfondo brumoso alle prime due sezioni del volume, una Milano rivissuta nei suoi tram e negli ambienti frequentati allora (edifici scolastici, sale di biliardo e di bowling, lunapark, campetti sportivi, piscine, cinemini periferici), e oggi contemplata di notte (“la notte che ti scruta e ti attende” è momento privilegiato nella poetica dell’autore), in sguardi che abbracciano dall’alto elementi architettonici di contrasto, o girovagando “con i passi del fuggiasco” tra le risaie della Barona e i grattacieli, bar malfamati e chiese romaniche. Affiora la consapevolezza, in un terrore che spesso sfocia nell’incubo, dell’inessenzialità e trascurabilità delle vite comuni, a cui si può sfuggire solo aggrappandosi alla concretezza di un vissuto personale, privato, che sappia illudere della propria unicità. Notte, paura, ricordo, silenzio, morte/morti sono i termini più ricorrenti nei versi di Linea intera, linea spezzata, e assediano il poeta in un delirio di visioni allucinatorie, di spettri o minacciose figure fiabesche (“senti ardere le sinapsi, entri nel dedalo / delle piccole convulsioni”), a cui nemmeno la dolcezza della memoria sembra offrire salvezza.
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