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Liquidazione - Imre Kertész - copertina
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Liquidazione

Descrizione


Autore di genio, scrittore e traduttore, B. si uccide improvvisamente. Keserü, il suo editore e amico, si sente obbligato a compiere una ricerca volta da un lato a scoprire i motivi del suicidio e dall'altro a trovare l'ultimo romanzo di B., all'interno del quale è convinto di trovare spiegazione non solo del gesto dell'amico ma, più radicalmente, dell'esistenza e del senso del dolore. Giocato su diversi registri narrativi (lettere, testi teatrali, racconti), metafora di una realtà instabile e sempre in movimento, il romanzo del premio Nobel ungherese racconta la frammentazione e la perdita dei punti di riferimento, lo smantellamento di un mondo, la "liquidazione" di una casa editrice, del regime comunista, della vita di un uomo.
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Dettagli

2016
Tascabile
15 settembre 2016
115 p., Brossura
9788807888458

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vn
Recensioni: 4/5

Lettura interessante.

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Stefano
Recensioni: 1/5

È uno deilibri più brutti che abbia mai letto. La storia è sconclusionata, il messaggio scontato (sappiamo tutti che i campi di concentramento sono una delle peggiori tragedie della storia dell'uomo) e comunicato in modo superficiale. Lo stile, almeno nelle traduzioni italiana e francese, è pedante, appesantito da una pletora di "per così dire" e simili

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Ennio
Recensioni: 4/5

Il libro ruota attorno ad una questione: è possibile che B. – uno scrittore di grande talento – si sia suicidato senza aver lasciato “il suo libro”, il libro del quale Kerezu, il suo amico assistente editoriale, trova tracce indirette in tutta l’altra produzione? Ma questo non è che un espediente narrativo per parlare della vita di B., dalla sua nascita nel campo di concentramento di Auschwitz alla sua morte per overdose di morfina, e soprattutto per parlare della senso di liquidazione che pervade tutto: il regime, la casa editrice, lo scrittore B., il suo libro, Auschwitz, i momenti di vita passati. Questa mancanza di punti di riferimento viene tradotta da Kertesz frammentando lo stile del romanzo. Troviamo quindi il racconto, la lettera, il testo teatrale, la poesia. Un romanzo complesso e affascinante.

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Voce della critica


“Sono già le undici e mezza. E non si vede un’anima. Ma questo a voi non dà nessun fastidio, certo! State seduti e sopportate, alla stessa maniera in cui si sopporta ogni cosa, in questo paese. Ogni truffa, ogni menzogna, ogni liquidazione. Proprio come sopportate già persino quelle liquidazioni, che ormai verranno progettate ed eseguite soltanto dopo che avranno liquidato voi.”

Keserú riflette da nove anni sul dattiloscritto voluminoso di un’opera teatrale, la commedia (o tragedia?) Liquidazione, che vorrebbe vedere rappresentata. È un pezzo della sua esistenza, non ancora liquidato dal tempo, e scritto da un’altra mano, quella dell’amico B., di cui si narra nel testo stesso.
La storia era cominciata la mattina in cui avveniva una piccola riunione nello “squallido ufficio di un redattore di uno squallido editore” in cui si trovavano Kürti, sua moglie Sára e il dr Obláth, “seduti come degli estranei, in attesa, intorno a una scrivania, che più tardi sapremo essere quella di Keserú”. E quando lo stesso Keserú era entrato nel suo ufficio aveva una voluminosa cartella sotto il braccio che conteneva il lascito letterario dell’amico defunto B. (sopravvissuto al campo di concentramento di Auschwitz e appena suicidatosi), con appunti in prosa, brani di diario, inizi di racconti e il suddetto dramma, “e da quel momento, una dopo l’altra, le scene si erano susseguite, sia nella commedia che nella realtà. Così che Keserú, ormai, non sapeva se stesse ammirando la preveggenza cristallina dell’autore – il suo amico morto -, o piuttosto la propria determinazione, quasi compunta, a identificarsi con il ruolo prescrittogli, per poter dare compimento alla storia”.
Lentamente Kertész avviluppa la preda (il lettore) nelle sue spire: la storia si avvolge su se stessa, il paradosso si estende a ogni spazio e luogo alla ricerca di una risposta che forse potrebbe arrivare dal romanzo scomparso di B., di cui tutti negano l’esistenza ma che il protagonista è certo debba essere stato scritto e terminato. “Poterlo leggere sarebbe di importanza capitale, perché mi aiuterebbe a capire perché B. sia morto, e anche se, una volta morto lui, mi spetti – per così dire – o no il diritto di vivere ancora”.
Il termine liquidazione e il verbo liquidare ricorrono uno straordinario numero di volte nel testo, formando una sorta di filo rosso, o meglio di rete che attraversa tutto il romanzo. Liquidazione di speranze, di idee, di ideologie, di sentimenti, di esistenze. I sommersi e i salvati di Levi in qualche modo ricompaiono in queste pagine, e anche qui non tutti i salvati riescono a sopravvivere, raggiunti dall’ombra del suicidio che ne oscura ogni speranza di vita.
Ci sono alcuni evidenti aspetti autobiografici, c’è molto del lavoro di scrittore di Kertész, della sua attività di traduttore (da non perdere la descrizione della figura del redattore letterario e del perché si intraprenda questa professione), e c’è un pessimismo di fondo che non può non accompagnare l’opera di chi ha vissuto prima il campo di sterminio e poi il regime stalinista e solo recentemente, ormai anziano, ha potuto gustare il piacere e il senso della libertà, troppo tardi e troppo poco per non avere comunque una visione pessimista dell’esistenza, per non vedere anche nella democrazia le grandi crepe che ne rendono instabile la struttura. È l’inizio della fine a essere raccontato in quella storia, o viceversa la fine della fine, il momento in cui tutto si trasforma, in una totale liquidazione sottolineata dall’impossibilità di leggere quel romanzo e avere una risposta.

A cura di Wuz.it

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Conosci l'autore

Imre Kertész

1929, Budapest

Romanziere e saggista ungherese, nel 2002 è stato insignito del premio Nobel per la letteratura. Di origini ebraiche, nel 1944 subì la deportazione ad Auschwitz e Buchenwald, da cui fu liberato dopo un anno. Per la manifesta avversione al regime comunista, fu licenziato dal quotidiano per il quale lavorava; per sopravvivere si dedicò alla traduzione (Freud, Nietzsche, Canetti, Wittgenstein), iniziando contemporaneamente la stesura del romanzo che lo impegnerà per circa dieci anni: Essere senza destino, in cui narra l’esperienza di un quindicenne deportato ad Auschwitz che, in un’ottica di aberrante alienazione dettata dallo spirito di sopravvivenza, riesce ad adattarsi agli orrori del campo. L’opera, rifiutata per anni dagli editori e pubblicata...

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