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Sublime! Nella scrittura e in tutto il resto. Vulcanico e - perseverando nella metafora geofisica - magmatico, denso e lento come è nel suo stile: leggi e leggi, ma ti sembra di non avanzare mai, e poi ti ritrovi magicamente alla fine. Piacere letterario allo stato puro. La costruzione da metaromanzo è magnifica; perfettamente equilibrata, coerente e fluida nei passaggi e nei cambi di scena fra lo scrittore (narratore onnisciente e protagonista) e i personaggi che plasma e perfeziona 'in presa diretta' e con i quali interagisce: avete presente il Nathan Zuckerman di Philip Roth? Ecco, tanto per dare l'idea: ironia, cinismo, sensualità ed erotismo con l'aggiunta di palpabili atmosfere noir. Per la cronaca, qui l'alter ego si chiama Samson Young. London Fields è un romanzo pericoloso: ti rapisce dalla quotidianità; entri lì ed esci da te stesso. Perdi il contatto con la tua realtà e vivi nell'invenzione frutto della straordinaria creatività del grande narratore: ti fondi con la sua visione, abiti la sua finzione. È dura poi strapparti da quella sorta di ipnosi. Questo è solo uno dei rischi dai quali già il genio dissacratorio di Schopenhauer metteva in guardia i forti lettori. Ed è un rischio a cui io mi espongo costantemente, e del cui esito riferirò quando (e se) farò ritorno dai Territori londinesi.
E' il primo libro di Martin Amis che ho letto. Ammetto di essere rimasto molto deluso anche se l'idea della "cronaca diretta" ha un certo fascino. Resta comunque una lettora molto faticosa.
Chissà rileggendolo adesso, ma all'epoca era da 5/5 (che non equivale a 10)
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