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Anno edizione: 2005
Anno edizione: 2005
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Un libro inquietante, questo di Paola Capriolo, scritto con l'eleganza e il rigore stilistico, con la discrezione e il gusto per l'approfondimento culturale che sempre contraddistinguono questa autrice, riservata e non abbastanza apprezzata dal nostro establishment letterario. Più che un romanzo, sembra di leggere una lunga e misteriosa fiaba, con motivi che intrecciano storia e mito, religione e leggenda: ambientata in un'epoca atemporale, forse del tardo impero romano, o durante un qualche pogrom medievale, o addirittura nel novecento delle persecuzioni naziste, e in un luogo dai confini indefiniti, in una capitale mediterranea o orientale, e "nel labirintico intrico del ghetto, avviluppato intorno alla sinagoga, le cui casupole dai muri sghembi si contendono con accanimento il poco spazio disponibile crescendo quasi l'una sull'altra come in una disordinata boscaglia". In questa zona circoscritta e oscura, sovrasta le altre costruzioni la sinagoga, abitata da un anziano rabbino circondato da discepoli appassionati interpreti delle Scritture, e accudito da una giovane e delicata servetta, Miriam. Nella soffitta della sinagoga è invece rinchiusa "una creatura incompleta, appena sgrossata, una mente troppo rozza e informe per poter riversarsi nei preziosi, delicati recipienti delle parole". Si tratta di Yossel, gigantesca presenza semiumana creata dal rabbino, forza mostruosa capace di incredibili trasformazioni ed esplosioni: "nato non dal ventre di una donna, ma da un mucchio d'argilla scavato nel greto del fiume". Paola Capriolo non parla esplicitamente del Golem, ma suggerisce nella descrizione di questo enigmatico personaggio, capace di suscitare negli altri solo compassione e orrore, il rappresentante inconsapevole di una giustizia ingiusta e violenta, il tramite innocente e bestiale tra l'umanità e il divino, il vendicatore del potere sopraffattore, ma anche l'assassino che travolge nella sua autodistruzione la rovina di tutto il mondo che lo circonda.
Davvero splendida questa rilettura del mito del golem. Ne ho divorato le pagine nell'arco di una giornata. Merito soprattutto della scrittura della Capriolo, elegante e fluida, 'alta' come richiede la materia del narrare.
Una miriade di fluidità che si allarga, sciolta in uno stagno silenzioso, ….. un coinvolgimento alla pari dell’intero intento della dinamica delle pagine che preparano alle rievocazioni per un tutt’uno sommerso (96). Le finali ricercate un distico poetico tagliato (11, 23, 29, 74, 76, 77, 85, 94, 102), chiusure che germogliano luce e affievoliscono di tenebre le considerazioni (13, 97, 98, 101). E’ un continuo raffrontarsi con la cosa creata, in un rapporto-confronto impari alla mente. La trama, cercata disperatamente dal lettore, è nel racconto …… delle minuzie, delle trasformazioni e del secondario ingrandito (32). Dalla metafora della notte alla chiarezza della storia ( 67). Una danza di concetti. Immediata nella descrizione. Lineare e uniforme registro e scelta cadenzata del lessico e forme sintattiche del periodo con lucida abnegazione perversa e magia della perversa lucidità anche in manifestazioni liriche. Non mi affascina la trama, mi prende il suo modo di narrare e descrivere mai fermandosi; mi piace il fluire delle parole e il costrutto sintattico e il crescendo del lessico (116). Il muoversi della vita all’alba, i tremori della vita a sera (128). Mi calmano soltanto le pagine al XXVI ed al XXVII. Immette con e in altre immagini e sensazioni. Indugia pienamente nel non andare al punto (131). Un palcoscenico di reazioni pirandelliane (132) che porta sempre all’essenzialità del concetto creatura (141). Lì è il migliore capitolo (XXVII) in serenità accattivante e curiosità di narrazione. Conduce il lettore (saper prevedere e anticipare le considerazioni in atto) all’auto coscienza ed all’auto ironia. Non trascura gli aspetti inferenziali (158). La musicalità del fraseggio mi evoca un fresco John Steinbeck. Non manca nelle finali una certa cadenza di richiamo omerico.
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