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Anno edizione: 2019
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Ottima la postfazione di Andrea Maurizi che, a mio avviso, andrebbe letta prima dei racconti, utilissimo il glossario di pagina 173 e Lindau si conferma una delle migliori case editrici italiane. Questi racconti sono stati scritti da Akutagawa tra il 1916 e il 1927. È un libro interessante in quanto offre al lettore la possibilità di comprendere la visione diffusa in Giappone del Cristianesimo, almeno fino al periodo in cui visse l'autore. Non tutti i racconti sono entusiasmanti e non ho apprezzato alcuni di essi, Altri, invece, mi hanno colpito, come ad esempio "Il tabacco e il diavolo", "Il sorriso delle divinità" o "Un debito di riconoscenza". Akutagawa non si convertì al Cristianesimo, ma ne era profondamente affascinato e attratto. Negli ultimi due capitoli (L'Uomo da Occidente e L'Uomo da occidente II parte) manifesta la sua interpretazione personale del Cristianesimo, "come io lo percepisco", egli spiega. Mi duole affermare che a me la sua visione non è parsa del tutto convincente: travisa e interpreta malamente molti aspetti del cristianesimo. Tuttavia, non posso che apprezzare la sincera passione dell'autore per la figura del Cristo. Bello e attualissimo l'incipit (Ecce Homo, pag.127-128) in cui egli afferma di aver iniziato ad amare il Cristo tramandato dai quattro evangeli anche se è certo di suscitare "l'ilarità di certi occidentali e di alcuni giovani moderni": "Ma io sono nato nel XIX secolo, e i miei occhi si sono naturalmente volti verso la croce che loro ormai sono stanchi di guardare e che per questo a volte non esitano a disconoscere". Akutagawa ammirava Gesù di Nazareth e quando si suicidò teneva sul petto una Bibbia. Il libro si conclude con questa affermazione veritiera: "Nessuno di noi, proprio come i viandanti in cammino verso Emmaus, potrà fare a meno di cercare Cristo, l'uomo che ha acceso i nostri cuori." Anche a costo di non trovarlo.
Akutagawa respingeva il realismo, e amava volgersi indietro, alla produzione letteraria passata, reinventandola, innestando il fantastico nella vita di tutti i giorni e portando così a un livello superiore la narrativa. Così in questo libro troviamo per esempio il diavolo che coltiva il tabacco. Oppure sempre il diavolo che se la prende con gli artisti che lo raffigurano con le corna e le zampe di capra. Lui non è niente del genere: è come gli uomini. È un autore che non amava la modernità, e che usa il passato sia per sfuggire a un mondo che non apprezza, sia per costruire una narrativa che guarda alla vita comoprendendo che essa racchiude molto dfi più di quanto appare alla ragione, alla logica. Ecco il perché della sua predilezione per il fantastico, il folclore; che lui però porta a un livello eccellente. Per inquadrare quest’opera potremmo partire dalla fine di questa raccolta di racconti. Dove l’autore rivela il fascino che su di lui ha esercitato il cristianesimo. Si è avvicinato a questa religione per ragioni estetiche, ci spiega, e poi perché aiutava la sua creatività. Akutagawa non si convertì mai al cristanesimo, ma trascorse buona parte della sua breve vita a leggere la Bibbia, i Vangeli. E questi racconti hanno come protagonista proprio il cristianesimo. Verso il quale ha un atteggiamento ora di diffidenza, ora di ammirazione. questa piccola opera se da una parte sembra suggerire che questa nuova religione rischia di snaturare il Giappone, perché in fondo porta con sé la modernità (che Akutagawa non apprezzava affatto). Dall’altro suggerisce che proprio in questa religione, c’è una dose di poesia, di bellezza talmente forte che potrebbe essere il vero antidoto a quella modernità che dove mette radici, annienta ogni cosa.
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