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Libro che in modo vivace, polemico e avvincente mostra sinteticamente ma esaurientemente tutti i motivi per cui il Caso Moro può trovare soluzione solo se legato ad una trama rossa internazionale. Non ha la pretesa di essere un saggio di ricostruzione totale dei fatti ma ha il pregio di non essere in contrasto con nessun altro aspetto della questione che non prende in considerazione. L'unico difetto è a volte l'analisi politica dell'epoca, senz'altro bisognosa di disamine più consone alla sottigliezza della trama descritta dietro il rapimento.
Lungi da me mortificare la memoria dell'autore, ma il libro è una rilettura abbastanza superficiale del 'Caso Moro' rivisitato da Destra. Su molte delle affermazioni che l'autore fa, e che sono prive di nota, ci sarebbe infatti molto da discutere. E' comunque un'alternativa alla tesi di Flamigni e soci, come tale è degna di lettura e va dunque presa in considerazione. Questo almeno finchè non si riuscirà a scrivere la parola 'fine' sul rapimento del povero Aldo Moro.
In ogni guerra prima o poi i prigionieri tornano a casa. In Italia non è così. Non lo è mai stato. E non perché come si dice ai nostri tempi non si è giunti a una ‘memoria condivisa’, ma perché questo nostro inquieto Stivale sembra non voler rendere conto della propria storia. Aveva allora ragione Leonardo Sciascia: il nostro è un Paese che non ama la verità. Quarant’anni di strapotere democristiano e altrettanti decenni passati a riscrivere con la ‘penna rossa’ capitoli di storia patria hanno attardato i passi di chi doveva e poteva parlare, impedendo ad altri di farlo. Il risultato è che non solo questo nostro amato e inquieto Belpaese ha impiegato più di un lustro a comprendere, forse, che il dopoguerra non è stata l’epopea raccontata dai ‘signori storiografi’ della resistenza, ma che degli anni di piombo, del terrorismo, delle stragi che hanno insanguinato l’Italia sappiamo esattamente quanto sapevamo quanto tali fatti sono accaduti: niente. Perché conosciamo qualche ‘attore, ma la ‘regia’ sfugge. E’ senza volto e non ha interesse a firmarsi. Certo, in molti processi, gli animali sacrificali sono stati avviati allo spiedo, meglio se neri e sporchi, ma i muri bombati non restituiscono viole e prima o poi franano. Accade precisamente questo con la storia dell’assassinio di Aldo Moro. Al di là delle vulgate correnti, dei facili perbenismi sull’argomento, della riproposizione a volte davvero retorica della ‘linea della fermezza’ da parte dello Stato nel non cedere al ricatto eversivo, resta sulla scena dopo ventisei anni dall’eccidio di via Fani ancora una domanda terribile: chi c’era dietro le Brigate Rosse? E soprattutto: che legame ha il ‘caso Moro’ con le altre stragi della nostra storia repubblicana? Sotto queste due direzioni occorre ancora indagare e Mastrangelo lo fa in maniera magistrale facendo parlare carte nuove e tenendo presente il dossier Mitrokhin. Un libro d’inchiesta e di denuncia come tutti i testi usciti dalla penna e dalla passione dell’autore.
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