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Dieci racconti di grandi autori incentrati sulla maestra, figura fondamentale nell'esistenza di ogni essere umano.
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L’antologia presenta un repertorio di maestre viste da un’angolatura particolare: un aspetto del loro carattere. Nell’introduzione il curatore Vincenzo Campo rileva come la narrativa italiana “nutre verso le maestre una specie di attrazione” e “quasi tutti gli scrittori che le hanno assunte a protagoniste, le ritraggono come portatrici di umili e acute sofferenze”. “LA MAESTRA D’INGLESE” è una storia a lieto fine scritta da Carlo Dossi in cui un’ubbidiente e dolce ragazza deve soggiacere al volere di un padre despota ed egoista. Aurora si dibatte tra il dovere di figlia e i desideri del proprio cuore, riuscendo a conciliare le pretese del genitore e le sue aspirazioni. In “UN LEZIONE DI LINGUA TEDESCA” protagonista è un’ambigua insegnante che da lezione di tedesco a due amici. Entrambi s’innamorano della bella maestrina (“il focherello prendeva a poco a poco le proporzioni di una fiamma”), ma alla fine si accorgono che la giovane si prende gioco dei loro sentimenti. In “ALLA SCUOLA” Matilde Serao narra con realismo le esperienze didattiche e umane di un’entusiasta tirocinante che “aspettava i giorni di tirocinio con un’ansietà segreta” e la felicità provata “in quella nuova dignità conquistata”. In toccanti pagine la scrittrice napoletana descrive le condizioni delle insegnanti (“a casa, qualcuna di noi aveva la povertà, quasi tutte una miseria decente”) e delle allieve, rilevando le tristi condizioni di ristrettezza di entrambe. “QUARTO PIANO, INTERNO 4” è il triste racconto di Salvatore Di Giacomo sul tragico destino di una debole donna, protagonista e vittima di una sconvolgente storia d’amore. “MAESTRA DI CAMPAGNA” di Carlo Prosperi presenta la figura della rassegnata e debole Paola, insegnante in “un villaggio in fondo alla valle”, che oltre ai disagi materiali è ostaggio della propria famiglia che le so
Recensioni
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La narrativa nutre verso le maestre una specie di attenzione sadica. Quasi tutti gli scrittori che le hanno assunte a protagoniste, le ritraggono come portatrici di umili e acute sofferenze, di un silenzioso patire che, come direbbe Sciascia, non ha più nemmeno la forza di gridare. Talvolta, perfidamente - come nel bel racconto di Pirandello -, pure lo sfogo disperato del piangere si trasforma in una maschera goffa, in una specie di smorfia da cui traspare, quasi più che la simpatia, lo sberleffo al luogo comune del grande scrittore. E infatti a leggere tanti racconti sulle maestre, a scorrerne il repertorio significativo raccolto in questo volume (che va dall'immancabile Pirandello all'impensabile Scerbanenco), lo sfondo di denuncia da cui nacque questa letteratura si stempera, il preteso realismo si stravolge. E si ricompone invece il mosaico di una sorta di antropologia fantastica, un grottesco carosello in cui esemplari di una microborghesia femminile d'altri tempi sfilano, esibendo i modi più spericolati in cui il destino si prese gioco di loro e si accanì a tormentarli.
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