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Libro finalista del Premio Internazionale Flaiano 2025 - Sezione Over 35
Dall’autore di Spatriati, Premio Strega 2022.
Raccontando la frenesia e i turbamenti di un protagonista consumato dalla storia che si porta addosso, Mario Desiati ci consegna il suo romanzo più lirico, inquieto, ambizioso e maturo.
«Non è vero che la leggerezza è il contrario del sentire profondo: il sentire profondo è una carezza.»
«Un romanzo che a un certo punto ti chiama dentro, prova a dirti che potrebbe essere anche la tua, di storia». - Elena Loewenthal, Tuttolibri
«A un romanzo che scelgo di custodire nella mia libreria chiedo almeno una di queste virtù: che sia scritto molto bene, che racconti una storia che mi appassiona, e che questa sia intima ma universale. MALBIANCO le possiede tutte e tre». - Vittorio Lingiardi, Repubblica
I segreti e i silenzi avvolgono i protagonisti di questa storia come il malbianco infesta il tronco degli alberi. Tra i Petrovici, infatti, ci sono da sempre più fili nascosti che verità condivise. Ma le domande del figlio che si è smarrito, e per questo si volta a guardare le proprie orme, diradano via via le nebbie di una memoria famigliare lacunosa e riluttante. Se «di certi fantasmi ci si libera soltanto raccontandoli», prima di tutto bisogna conoscere il passato da cui proveniamo.
Dai boschi di Taranto al gelo dei campi di prigionia tedeschi, Mario Desiati torna con un grande romanzo che indaga il rapporto tra l’individuo e le sue radici, il trauma e la vergogna, interrogando con coraggio il rimosso collettivo del nostro Paese.
Marco Petrovici ha quarant’anni e vive a Berlino, quando all’improvviso, un giorno, inizia a svenire. Per scoprire l’origine di questi suoi disturbi e ritrovare un po’ di pace, decide di tornare in Puglia, dai genitori ormai anziani che vivono immersi in un bosco di querce e lecci nella campagna tarantina. Schiacciato dai sensi di colpa per non essere il figlio che Use e Tonia speravano, si ferma nella casa di famiglia per occuparsi di loro, ma allo stesso tempo si convince che le cause del suo malessere vadano cercate nella memoria sepolta di quel loro cognome così strano. A partire da un ricordo d’infanzia dai contorni fumosi – un balordo un po’ troppo famigliare che suona il violino sotto la neve di Taranto –, con l’aiuto di zia Ada, della letteratura e della storiografia, della psicoterapia e di un diario ritrovato non per caso, Marco cura il «malbianco» che opprime la sua famiglia. Facendosi largo tra reticenza e continue omissioni, scopre la vita segreta della bisnonna Addolorata, trovatella e asinaia, e ricostruisce le vicende di nonno Demetrio e di suo fratello Vladimiro, entrambi reduci di guerra, una guerra combattuta e patita in modi molto diversi. Chi sono davvero i Petrovici? Da dove arrivano? E cosa c’entra con loro un’antica ninna nanna yiddish che inconsapevolmente si tramandano da quasi cent’anni? Questa è la parabola di chi rivolge lo sguardo dietro di sé, alle proprie origini più profonde, per vivere il presente e immaginare un futuro libero da quel malbianco che nasconde la vera essenza delle persone. Raccontando la frenesia e i turbamenti di un protagonista consumato dalla storia che si porta addosso, Mario Desiati ci consegna il suo romanzo più lirico, inquieto, ambizioso e maturo.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Onestamente mi aspettavo di meglio: conoscendo Desiati, pensavo che questo romanzo “maturo” mi sarebbe piaciuto, e invece non è stato così. Ho trovato troppo netta la separazione tra le prime due parti e le ultime due, e ho faticato a rintracciare una coerenza tra le stesse: il passaggio dalla prima alla terza persona e alla narrazione molto più “classica” nella terza parte è stato un po’ destabilizzante, e il racconto a tratti onirico in quella conclusiva mi ha dato l’idea che l’autore non sapesse davvero come chiudere il libro. La storia è quella di Marco Petrovici, un uomo di quasi cinquant’anni che, dopo una vita a cercarsi altrove, torna a casa dalla famiglia e prova a ricostruirne il passato, immaginando che nei non detti, nelle bugie e nelle omissioni si nasconda la chiave per trovare anche se stesso e per comprendere l’origine del suo malessere. Eppure, tra l’alternanza di figure negative e positive - quelle negative concentrate quasi tutte nel presente - la pace sembra non arrivare mai e molte delle conclusioni sono lasciate anche all’intuizione del lettore. Nella bibliografia finale l’autore asserisce di aver eliminato diverse parti molto più saggistiche, ma in alcuni punti le riflessioni del protagonista risultano, a mio parere, comunque troppo pesanti e superflue. Una volta Desiati ha detto una cosa molto bella sulla letteratura, che condivido appieno, e cioè che nei libri non devi riconoscerti, ma sperimentare situazioni nuove, che mai avresti immaginato di poter vivere. Ebbene, il disagio psichico di Marco Petrovici è purtroppo molto diffuso, la sua esistenza è simile a quella di molti, e questa continua autoreferenzialità (tipica della letteratura contemporanea), secondo me, priva un po’ del piacere della lettura.
La scrittura di Desiati ha mille braccia per stringerti in un'affascinante, drammatica, divertente, commovente, urticante abbraccio e speri che non finisca mai.
E' il primo romanzo di Desiati che leggo. Scritto molto bene, intreccia la vita personale del protagonista, gli eventi famigliari che attraversano quasi un secolo e una parte di storia italiana forse non ben elaborata nel corso del tempo. Una narrazione "a più strati", forse non per tutti, per poterne cogliere la profondità.
Recensioni
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