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Solo l'intelligenza di Pietro Citati poteva cogliere ed evidenziare così bene questo filo conduttore; "la sua capacità di vedere senza le lenti deformanti delle ideologie né punti di vista costrittivi; la sua passione per le sfide della mente e le superfici dell'esistenza; il suo dono di lasciarsi abitare dalla moltitudine di volti e di voci che si affollano in ogni scrittore, e si riverberano nella loro opera, 'riflessi di riflessi, echi di echi'".
Citati ci parla di questi scrittori e delle loro opere descrivendoci anche i loro modi di essere, i gesti, le manie, le ingombranti e vitali contraddizioni: lo spirito di fuga di Defoe, che si spinge in mare aperto con il suo personaggio a incontrare il volto oscuro di Dio; gli istinti distruttivi di Goethe, che nelle Affinità elettive vuole applicare le leggi naturali al mondo umano e scopre le "forze spaventose che ci assaltano". E poi, le infinite incarnazioni di Balzac, spia, ladro, poliziotto e giudice delle sue creature; la geometrica ed enigmatica intelligenza di Manzoni; il folle riso e le incursioni nelle tenebre di Dickens; l'umor nero e la sconfinata pietà di Dostoevskij e l'"ignoto paese della morte" di Tolstoj.
Alla fine del suo percorso critico, Stevenson e James e a suggello, nell'epilogo, le discese di Freud nell'Ade, nelle notti in cui scriveva l'Interpretazione dei sogni.
Figure affascinanti, magistralmente tratteggiate, non solo dal punto di vista critico-letterario ma anche dal lato umano e psicologico. E tutte sedotte dall'immagine del Male. Non il piccolo tedioso male della realtà quotidiana, ma l'incanto di Satana, che nel cuore del Diciannovesimo secolo risorge ed esercita il suo fascino irresistibile, seduce, corrompe, uccide.
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