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Anno edizione: 2022
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Roma, ottobre 1922: le squadre fasciste mettono fine allo Stato liberale senza che questa trasformazione sia riconosciuta. Come è stato possibile? Che obiettivi aveva il movimento fascista? Quale fu il ruolo della violenza? Quali furono le conseguenze della marcia su Roma?
«Un saggio affidato a fonti poco note o del tutto inedite sottrae l'ingresso nella capitale degli squadristi alla cifra romanzesca dell'improvvisazione e lo restituisce alla sua dimensione violenta e organizzata, nella cornice d'una capillare occupazione delle città italiane. Una tesi incontestabile» – Simonetta Fiori, la Repubblica
«In questo prezioso lavoro, Giulia Albanese esamina la violenza fascista dal 1919 al 1923 e segnala come essa sia stata, a dispetto di oblii e revisioni postumi, un ingrediente inseparabile dell'avanzata del regime. Non ha scoperto nulla di segreto, la documentazione è fitta e agli atti. Perché viene così facilmente obliterata?» – Rossana Rossanda, il manifesto
Pioggia, pioggia, ancora pioggia. Poco cibo, tende insufficienti e scarse armi. Le truppe fasciste concentrate a nord di Roma per l'attacco alla capitale sono stanche, bagnate e affamate quando si diffonde la notizia che Mussolini è stato nominato capo del governo. Ma l'entrata a Roma non coincide con la sua conquista, anzi in quei giorni la città continua a respingere i fascisti come nessun'altra, e gli scontri si fanno durissimi. Inizia così un nuovo racconto della marcia su Roma che finalmente spiega il ruolo giocato dalla violenza, il motivo per cui la classe dirigente politica non ha compreso subito la gravita degli avvenimenti, il modo in cui lo Stato liberale è crollato. E che mostra come la marcia non sia stata solo quella degli squadristi su Roma, ma anche l'invasione e la trasformazione degli equilibri di potere nelle altre città d'Italia.
Un libro che ha cambiato l'interpretazione della marcia su Roma, riproposto ora in una nuova edizione. Giulia Albanese, sulla base di fonti originali utilizzate per la prima volta, fa il punto sull'impatto internazionale e le difficoltà di riconoscere l'importanza di questo snodo nella storia d'Italia.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Chiaro, intelligente, accorto. Eccellente prova storiografica. Piacevole lo stile. Punto essenziale (e attuale): la violenza come metodologia politica tipicamente fascista. Da leggere e meditare.
Libro molto interessante, soprattutto per l'ampiezza della documentazione archivistica e pubblicistica messa sotto esame dall'autrice, documentazione che si affianca ad un costante confronto con le fonti storiografiche più accreditate, da quelle coeve classiche ( l'opera di Tasca e quella del cronista fascista Chiurco, passando per Salvatorelli) fino a quelle contemporanee (De Felice, Gentile, Repaci, Venè, Valeri., Lyttelton) La tesi di fondo è il ricorso sistematico alla violenza da parte dei fascisti a partire dall'inverno 19-20 che diviene sempre più aggressivo e sistematico nel 21, a partire dal triangolo Bologna, Ferrara, Piacenza, soprattutto ai danni delle amministrazioni locali socialiste. Quel che colpisce di fronte a questa excalation è la debolezza, occasionalità, sporadicità, incertezza della reazione statale, tale da lasciare sempre più campo ai fascisti, dando loro quel coraggio disperato che inizialmente certo non avevano. Si direbbe che si inneschi un gioco all'indecisione più rovinosa, in cui anche chi chiede un'azione coordinata e generalizzata su tutto il territorio nazionale (il prefetto di Milano Lusignoli dopo i gravissimi fatti di Milano del 3-4 agosto 22), l'unica in grado di fermare un fenomeno che, appunto, nazionale tende a diventare, finisce per adottare una via ambigua e attendista, temendo che sempre maggiori cedimenti statali vengano messi in atto. Lo Stato del flebile governo Facta vuole evitare lo scontro sanguinoso e finisce per adottare un atteggiamneto sempre troppo conciliante, che si traduce in un costante arretramento di fronte ai fascisti, dando loro sempre più spazio. In questo senso, l'evento Marcia viene ridimensionato a quello che è: il colpo finale ad uno Stato e ad un re che si sono già arresi, l'ultimo gradino verso il baratro inevitabile. Unico limite a tanto meritevole testo è, secondo me, editoriale: conserva troppo del taglio accademico di tesi di dottorato.
Il libro è scritto molto bene ed è ben documentato , inoltre è fondamentale per capire la marcia su Roma .
Recensioni
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