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Mare di papaveri - Amitav Ghosh - copertina
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Descrizione


Primo libro di una trilogia dedicata alla nascita dell’India moderna, Mare di papaveri rappresenta per l’India moderna quello che libri come Moby Dick hanno rappresentato per l’America: la simbolica narrazione dell’origine di una civiltà nuova sorta dall’incontro-scontro di mondi opposti.

«Un'idea letteraria geniale, affidata a una lingua di grande suggestione.» - il Sole 24 Ore

«Una delle voci più originali e importanti della letteratura indiana di lingua inglese.» - la Repubblica

«Una magnifica riuscita, questo primo libro della Trilogia della Ibis, che riporta come d'incanto l'avventura al posto che le compete.» - D - la Repubblica

È il 1838 quando la Ibis, una goletta inglese a due alberi, giunge alla foce del Gange, per dedicarsi a uno dei traffici più lucrosi dell’Impero britannico: il commercio di «delinquenti e stupefacenti», di «oppio e coolie». A bordo, vi è la ciurma più incredibile che sia dato incontrare nelle acque del Pacifico: un gruppo di lascari, i leggendari marinai che parlano una lingua tutta loro. Nel suo avventuroso viaggio, la goletta trasporta un’umanità davvero straordinaria: il figlio di una schiava liberata del Maryland; un raja in rovina; una vedova che non esita a infrangere i sacri riti della tradizione hindu; un uomo che vuole erigere un tempio alla donna che ha amato. Mano a mano che i legami con le origini si affievoliscono e i contorni delle vite precedenti sbiadiscono, tutti, sulla Ibis, equipaggio e passeggeri, cominciano a sentirsi «fratelli di navigazione», uniti da una comunanza che oltrepassa continenti, razze e generazioni. Primo libro di una trilogia dedicata alla nascita dell’India moderna, Mare di papaveri rappresenta per l’India moderna quello che libri come Moby Dick hanno rappresentato per l’America: la simbolica narrazione dell’origine di una civiltà nuova sorta dall’incontro-scontro di mondi opposti.
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Dettagli

2017
Tascabile
23 novembre 2017
544 p., Rilegato
9788865594971

Valutazioni e recensioni

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Recensioni: 4/5
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Maria
Recensioni: 5/5

Un libro che mi ha emozionata e commossa. L'autore riesce a descrivere l'evoluzione dei personaggi in modo così naturale ed epico allo stesso tempo che lascia senza fiato. Stupendo.

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Rigus68
Recensioni: 4/5

Non è un romanzo, piuttosto una ricerca filologica, ricca di nozioni in numerose branche del sapere, a cominciare dalle scienze navali, in cui l’autore si profonde in uno sterminio di termini marinareschi e di costruzioni navali, che farebbero venire i brividi perfino agli esperti nel settore (l’autore deve avere avuto una piccola schiera di esperti che gli abbiano suggerito ogni singola frase). Poi prosegue in una carrellata sterminata sulle varie lingue indostane e linguaggi a noi ignoti dei cosiddetti lascari, divertendosi a citare un numero impressionante di frasi sia nei vari dialetti locali sia in traduzione in lingua franca. Questo gioco diventa piuttosto irritante per il lettore, che non credo abbia intenzione di andare a scuola di lingue. Lo stesso dicasi delle nozioni di botanica, dove l’autore non ci risparmia abbondanza di termini sia in vulgata sia in termini scientifici alla Linnaeus, per intenderci. Insomma, l’autore fa gran sfoggio di erudizione a tal punto da annoiare il lettore. Qual è allora la valenza di questo romanzo fiume? L’aver denunciato la prepotenza e arroganza del popolo inglese, predatore per eccellenza nelle sue sterminate colonie sparse per il mondo. Così si scopre che il Commonwealth tanto declamato dai colonizzatori è sì wealth (benessere, ricchezza) ma non per i sudditi bensì esclusivamente per i padroni, che si arricchiscono in maniera smisurata depredando i beni delle colonie e lasciando ai sudditi solo le briciole. Qui il danno è duplice e devastante: da una parte i cinesi costretti ad accettare oppio come pagamento del loro tè (con grave danno della popolazione). Dall’altra parte gl’indiani che vedono il loro territorio danneggiato dalla monocultura di papaveri da oppio, al punto che non c’è più cibo per la popolazione che muore di fame.

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giorgio g
Recensioni: 3/5

Avevo letto su una rivista letteraria la recensione della trilogia di Amitav Gosh ed, incautamente, l'avevo acquistata tutta. Ora che sono riuscito con immane fatica a finire il primo volume dell'opera, mi sto interrogando se continuare con gli altri due libri o se passare ad opere più di mio gusto. Cosa mi ha infastidito? Parecchie cose: prima fra tutte il linguaggio in cui si riscontrano termini marinareschi noti soltanto ai "lupi di mare" (qualche esempio: "calumare la gomena!", "scalmiere e tornichetti"; "le ancore della goletta erano spedate e i parrocchettieri pronti ad alare le drizze"; "il canestrello si è sganciato e il fiocco e la briglia del bompresso si sono impigliati nel buttafuori"; "stroppato con l'amantiglio"). E poi le inserzioni di intere frasi nei linguaggi più diversi, bengali, hindi e urdù che rompono lo scorrere della narrazione ed ancora le oscenità e le schifezze profuse a piene mani dall'autore in particolare nel descrivere le condizioni dei due prigionieri a bordo della nave Ibis. Cosa si salva? Forse la descrizione delle miserrime condizioni dell'India del XIX secolo, a cui si contrapponevano le smisurate ricchezze dei pochi privilegiati. Un opera a mio avviso sconsigliabile.

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Amitav Ghosh

1956, Calcutta

Scrittore, giornalista e antropologo indiano. Ha studiato a Oxford e vive tra la sua città natale e New York. Considerato «uno dei più grandi scrittori indiani» (la Repubblica), è autore di numerosi libri di cui si citano: Il cerchio della ragione (Garzanti, 1986), Le linee d’ombra (Einaudi, 1990), I fantasmi della signora Gandhi (Einaudi, 1996). Per Neri Pozza ha pubblicato: Il paese delle maree (2005, 2015), Circostanze incendiarie (2006), Il palazzo degli specchi (2007), Il cromosoma Calcutta (2008), Mare di papaveri (2008, 2015), Il cromosoma Calcutta (2008), Lo schiavo del manoscritto (2009), Il fiume dell'oppio (2011), Diluvio di fuoco (2015), La grande cecità (2017), L'isola dei fucili (2019).

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