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Una ragazza ebrea scappa di casa per raggiungere il suo innamorato cristiano. Sottrae oggetti preziosi. Si converte al cristianesimo. Il padre si dispera (“mia figlia! i miei ducati! mia figlia! fuggita con un cristiano!”). La legge non solo non gli restituisce i beni rubati, ma lo obbliga a dare una dote alla figlia. Conosciamo tutti questa vicenda. Shakespeare l’ha portata sulla scena nel Mercante di Venezia, ma il protagonista era Shylock, il padre della ragazza, e mentre ognuno ricorda la sua drammatica requisitoria contro la discriminazione razziale (“Sono un ebreo. Ma non ha forse occhi un ebreo? Non ha un ebreo mani, organi, membra, sensi, affetti, passioni? Non si nutre degli stessi cibi, non è ferito dalle stesse armi, non è soggetto alle stesse malattie, non si cura con gli stessi rimedi, non è riscaldato e agghiacciato dallo stesso inverno e dalla stessa estate come lo è un cristiano? Se ci pungete, non sanguiniamo? Se ci fate il solletico, non ridiamo? Se ci avvelenate, non moriamo? E se ci oltraggiate, non dobbiamo vendicarci?”), sua figlia Jessica resta sullo sfondo. Shylock è al centro della scena, viviamo la vicenda attraverso i suoi sentimenti. Marietta olim Galla racconta una storia tutto sommato simile mettendo però al centro la protagonista, Galla Capriles, che con la sua scelta ottiene una nuova religione, la dote, il matrimonio, ma perde il suo passato e anche il suo nome, chiamandosi da quel momento in poi Marietta. “Marietta olim Galla”, “Marietta un tempo chiamata Galla” diventa la sua nuova identità. È una giovane donna in bilico tra due mondi, e questo appare subito chiaro fin dal titolo del romanzo. Nella località friulana di Chiavris, oggi un quartiere periferico di Udine, esisteva dal 1472 un nucleo ebraico formato dai componenti di un’unica famiglia, quella dei Capriles, stabilitisi lì in accordo con i nobili Savorgnan per svolgere l’attività di feneratori o prestatori su pegno. Piccola ma attiva comunità, quell
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