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Bel saggio sugli usi ed i costumi, soprattutto per quanto riguarda la religione e la magia, di alcuni popoli africani. Ovviamente visti con i nostri occhi di occidentali alcune cose sembrano assurde e/o incredibilmente crudeli ma viste nel contesto in cui questi popoli hanno vissuto finora assumono tutta un’latra valenza. Spesso è facile giudicare e criticare superstizioni e credenze che a noi sembrano ingenue e primitive, ma ci dimentichiamo che da noi ci sono tante persone che leggono e credono agli oroscopi, che si rivolgono ai maghi, ecc.. E questo pur essendo noi italiani storicamente un paese cattolico che ha subito comunque influenze dall’epoca dei lumi. Mi chiedo quindi chi sia più ingenuo e credulone. Il libro è molto interessante soprattutto per uno come me che non conosceva assolutamente niente della cultura e dell’antropologia di questi popoli africani. Il saggio risulta anche essere un atto di accusa per l’azione missionaria che si è avuta nel passato (anche recente) da parte delle varie confessioni cristiane e dell’islamismo, che hanno eradicato tutto il bagaglio di credenze e cultura originaria di questi popoli.
Recensioni
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Naipaul è uno dei più formidabili narratori di lingua inglese degli ultimi cinquant'anni, nonché un maestro di stile tra i più raffinati e seducenti. Ma è anche un grande giornalista, come dimostra in modo indiscutibile il suo reportage sugli stati del Sud degli Stati Uniti, che uscì a puntate nel supplemento del quotidiano "The Independent" e che poi è confluito nel volume intitolato Nel Sud (Mondadori, 1989). Un libro che rivela la capacità del grande giornalista nel parlare con le persone giuste delle cose di cui è giusto parlare; e che Naipaul arricchisce attraverso la sua scelta di affidare il racconto alle parole degli altri, di mettersi in disparte, di fare in modo che siano gli altri, le sue "fonti", a parlare direttamente al lettore.
Questa sua scelta sta alla base di La maschera dell'Africa, che ha come sottotitolo Immagini della religiosità africana. Il laico Naipaul ha un occhio particolarmente acuto nel cogliere il senso e le implicazioni della fede religiosa: come fa mirabilmente nel succitato Nel Sud, un libro che spiega benissimo come e dove Bush potesse trovare ampi consensi passando attraverso la religione. Nel suo viaggio in Uganda, Nigeria, Costa d'Avorio, Ghana e Sudafrica, Naipaul va alla ricerca della religiosità africana. O piuttosto, come lascia intravvedere il titolo, dei modi spettacolari in cui spesso si manifesta: la maschera, come nel teatro classico. Il libro è stato fortemente criticato per la sua parzialità, per il pregiudizio anti-africano che lo caratterizzerebbe.
In Africa, in particolare in Uganda, ospite dell'Università di Kampala, Naipaul c'era stato negli anni sessanta. E alla realtà dell'Africa postcoloniale ha dedicato l'amaro romanzo a cui aveva cominciato a lavorare allora, Alla curva del fiume (Rizzoli, 1982), che denuncia la natura dittatoriale degli stati africani approdati all'indipendenza. Era (ed è) così fortemente critico perché accecato dal pregiudizio? O piuttosto, essendo nato in una colonia dell'impero britannico, perché non è condizionato dal complesso di colpa che accompagna noi occidentali a causa delle infamie dell'impresa coloniale?
E tuttavia Naipaul prevenuto in effetti lo è: gli danno fastidio il disordine, la sporcizia, il maltrattamento degli animali, l'inefficienza. Ma questo non influisce sul discorso che vuole fare. Da un lato c'è la denuncia, spesso affidata all'ironia, del rilievo che hanno maghi, guaritori, indovini e altri truffatori la cui credibilità presso le folle di "credenti" non può essere separata dalle loro credenze religiose. Dall'altro lato c'è l'apprezzamento delle religioni africane di prima dell'arrivo del'islam e del cristianesimo, a causa dei quali, dice una delle sue fonti, "è andato tutto distrutto". A saccheggiare "il patrimonio storico e culturale dell'Africa" sono stati, attraverso la religione, i due imperialismi rivali: non solo quello cristiano, ma anche (cosa indiscutibile, che non viene detta quasi mai) quello islamico, prezioso e indispensabile alleato dei mercanti di schiavi europei (e schiavista in proprio, cosa che gli africani non dicono quasi mai). Glielo spiega il principe Kassim e glielo conferma il ricco uomo d'affari Habib: "Ci insegnarono a disprezzare le religioni africane per potere meglio controllare la nostra mente".
Naipaul è affascinato dall'antico mondo della magia che consente, disse in un'intervista, di "risalire agli inizi", all'origine della speculazione su cosa c'è al di là di ciò che è umano e terreno, all'origine, per così dire, della speculazione metafisica. Il potere di quell'antico mondo è tuttora forte nel presente perché la dimensione magica è tuttora fortemente sentita, perché, dice Naipaul, agisce nel profondo, perché ancora guida e condiziona milioni di donne e di uomini dell'Africa moderna. Ma il laico Naipaul non può rinunciare alla denuncia dei limiti di una simile visione metafisica/religiosa, che nella quotidianità spesso si rivela come un grottesco esercizio di superstizione. E che, insieme all'assenza di una consapevolezza storica (dell'idea stessa di storia), rappresenta ai suoi occhi una delle cause maggiori dell'arretratezza politica e culturale del mondo africano.
Naipaul è prevenuto. E quando viaggia nel Gabon, la terra dei Fong, nell'Ottocento accusati probabilmente a torto di cannibalismo, allude a riti in cui vengono usate parti del corpo umano. Senza prove. Poi, però, poche settimane fa, abbiamo avuto notizia certa di simili "usi" in Ruanda. Per non parlare di quelli praticati in Sierra Leone (come può testimoniare chi scrive). Se non fosse prevenuto, non lascerebbe l'impressione che gli aspetti più drammaticamente negativi siano la norma. Resta tuttavia il fatto che ci sono, anche se sono eccezionali, e che sono tollerati (se non addirittura ammirati). Non è vero che tutti gli italiani sono mafiosi. È vero però che la mafia esiste; e che è un cancro del nostro paese. Naipaul ci racconta che cosa esiste.
Non ci racconta però, e questa è un'omissione davvero sorprendente, che per decenni è esistita ed esiste tuttora una comunità di scrittori, di ogni etnia e nazione dell'Africa, che, spesso a rischio della libertà, se non addirittura della vita, hanno dato una testimonianza altissima della volontà di creare una nuova Africa. Un'Africa che mantenesse e riscoprisse le sue tradizioni e i suoi valori fondanti (compresi quelli religiosi) e sapesse coniugarli con i valori della modernità e del rispetto della libertà e della vita espressi dalla parte migliore della cultura occidentale.
Paolo Bertinetti
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