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Se siete amanti dei gialli, avrete sicuramente trovato qualche libro in cui si magnificano le doti scientifiche dell'investigatore di turno, oppure si commentano malevolmente quelle del cattivo di turno. In questo libro Carlo Toffalori, da buon matematico, si mette a verificare se e come questi giudizi sono meritati oppure no, principalmente dal punto di vista della matematica ma a volte da quello della scienza in senso generale. Oggettivamente non è che i famosi detective della narrativa ci facciano una gran bella figura, e allo stesso tempo la descrizione della matematica presente nei libri gialli è così stereotipata da essere ben lontana dalla realtà. Aggiungiamo poi il fatto che soprattutto nelle traduzioni degli anni '60 e '70 le poche descrizioni tecniche venivano (casualmente?) cassate nell'edizione italiana, e capirete come il panorama sia desolante. Purtroppo, nonostante alcuni spunti interessanti come il riscrivere la storia della dimostrazione dell'Ultimo Teorema di Fermat come se fosse un giallo, il libro dopo un po' soffre di una certa ripetitività, e alcuni degli incisi di Toffalori sono piuttosto gratuiti. Insomma, procuratevelo solo se siete amanti dei gialli (o della matematica!)
Recensioni
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La relazione affascinante tra il mondo del racconto poliziesco e la matematica anima questo saggio di Carlo Toffalori, docente di Logica all'Università di Camerino e appassionato di gialli, che mostra come la matematica possa essere uno strumento adatto sia alle attività del crimine che a quelle dei detective. Dagli albori del giallo, con Edgar Allan Poe e i suoi "Delitti della via Morgue", incontriamo il capostipite dei detective, monsieur Auguste Dupin, intento a dare una soluzione logica ed essenziale all'orrendo delitto di due donne. Sempre Poe, nel "Mistero di Marie Roget", utilizza il calcolo delle probabilità nella narrazione per sottolineare le differenze tra due assassinii. è Sherlock Holmes, invece, il personaggio che meglio incarna le caratteristiche del lucido ragionatore. Il protagonista dei romanzi di Arthur Conan Doyle scrive Toffalori "fa del metodo deduttivo e dunque, si potrebbe dire, matematico, la base delle sue indagini. Del resto la sua passione per la musica e il violino lo avvicina ancora di più alla sensibilità matematica, visto che si usa dire che Musica e Matematica sono intrinsecamente e anche geneticamente collegate (la musica è calcolo inconsapevole, sosteneva Leibniz)". Holmes è più un chimico eccentrico che un matematico, mentre il suo avversario, il perfido professor Moriarty, era un matematico che aveva messo la sua intelligenza al servizio del crimine e, non a caso, in un romanzo di Isaac Asimov aveva addirittura progettato il "delitto supremo": quello di spostare la nostra Terra dalla sua orbita per farla precipitare verso il Sole!
Un altro "assassino matematico" lo si incontra nei romanzi di Rex Stout dedicati alla coppia del pachidermico e geniale Nero Wolfe e del suo spiritoso assistente Archie Goodwin. In "Invito a un'indagine", Wolfe scopre l'assassino di una donna di liberi costumi grazie a un'intuizione sul suo pseudonimo Talete, come il saggio di Mileto, e a una serie di riflessioni sulla storia della geometria. Anche in altri libri di Stout emergono frammenti di matematica: si trova un curioso paragone tra Wolfe e Newton, è frequente il ricorso alle mathematical fiction, ad esempio nel racconto "Nero Wolfe fa due più due" dove la vittima è un matematico e la soluzione emerge dalla storia della nascita della cifra zero.
Ci sono poi gli "investigatori matematici" alla Ellery Queen: il protagonista dei gialli di F. Dannay e M. Lee nel "Mistero di Capo di Spagna" espone una teoria sull'arte dell'investigazione che manifesta una chiara impostazione matematica e richiama esplicitamente il "Programma" di Hilbert. Quel che conta, per Ellery Queen, è "la logicità, il perfetto concatenamento di indizi e particolari verso una soluzione che, alla stregua di un problema matematico, possa considerarsi ineccepibile e inattacabile sotto ogni aspetto". Queen è anche uno dei maestri dei cosiddetti "delitti impossibili": non tanto crimini reali, tratti dalla vita comune, quanto vere sfide al lettore sul piano logico, enigmi e giochi intellettuali complessi. John Dickinson Carr è un altro famoso autore di questo "genere della camera chiusa" nel quale il delitto avviene tra quattro mura e non si capisce da dove e come sia fuggito l'assassino, se non violando le leggi della fisica. Anche nel "Mistero della camera gialla" di Gaston Leroux, l'assassino per ben due volte sembra smaterializzarsi e scomparire sotto gli occhi dei testimoni e degli stessi investigatori.
Il saggio non dimentica il commissario Maigret di Georges Simenon, anche se il suo "metodo" è quanto di meno scientifico ci possa essere, basato sull'introspezione psicologica degli indiziati; ciò che lo avvicina ai matematici è però quel rimuginìo lento e quasi ossessivo, senza orari, che fagocita giornate, notti intere e passeggiate. Toffalori racconta anche i casi della matematica che, dall'ultimo teorema di Fermat alla congettura di Goldbach, si sono trasformati in gialli della scienza. Sono l'ulteriore dimostrazione della connessione tra la "regina delle scienze" e il genere poliziesco che, per dirla con Borges, è davvero un tipo di romanzo fantastico, ma frutto dell'intelligenza e non soltanto dell'immaginazione.
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