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Non saranno mai troppi i debiti culturali e le tracce di ricchezza nel nostro universo morale la cui radice abbia come genitore Furio Jesi. Scrittore, traduttore, etnologo, germanista, studioso raffinatissimo volato via troppo presto, i suoi libri aprono mondi e miti nelle suggestioni della più alta letteratura, e questo libro in particolare ne è una gemma. Segnalo immediatamente il saggio sulla "Festa", un tesoro di aspetti che coinvolgono il fuori e il dentro di abitudini umane, millenni e millenni sedimentati nel "gesto", nella "danza", nei più aperti e nascosti meandri delle varie collettività: "Un momento in cui l'usanza religiosa non era ancora usanza ma era un atto nuovo, in cui l'idea si continuava e si esprimeva forse tacitamente, con l'esclusività di un atto emozionale". Ma la serie di indagini nel fondo dell'umano, nei gangli dei tanti sociali attraversati, ci fa incontrare via via pagine coinvolgenti; basti pensare al saggio sulla 'gastronomia mitologica', dove l'idea di rispetto e di sacrificio dell'animale si alternano e si fondono insieme fra gli studi delle tante tradizioni. Ma il grande corpo della riflessione abbraccia poi dei monumenti umani amati da Jesi: il Mann della Montagna incantata (dove Castorp incarna ad arte il cosiddetto 'Spirito della narrazione') e del Giuseppe (autentico monumento di rimandi mitici, sacri, sacrificali), fino ad arrivare a Canetti, al Maestro Kerenyi (meravigliose pagine d'epistolario dove l'umano dei due si dona alla lettura in una confidenza tenerissima) e poi ancora a Wittgenstein, per giungere allo squisito candore del buon soldato Sveik (romanzo superlativo). Il tutto per dire che ogni grande testo è pregnanza di tanti cieli spirituali mescolati a perfezione, di echi e oracoli e essenze che davvero fondano la prodigiosa forza del mito nel loro ventre poetico. Un saggio che apre il cuore e la mente e che si vive come un viaggio iniziatico, un'esplorazione fra favola e sangue. Imperdibile!
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