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Mattina d'inverno con cadavere
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Mattina d'inverno con cadavere - Darvasi László - copertina
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Mattina d'inverno con cadavere

Descrizione


"Mattina d'inverno" con cadavere è l'opera con cui Làszló Darvasi si presenta in Italia: una raccolta di racconti legati da fili invisibili eppure tenacissimi, in cui il realismo magico di Kafka e la melancolia di Krasznahorkai rinascono sorto l'infausta e sempiterna stella polare della putredine quotidiana. Darvasi fa sua la lezione dei maestri mitteleuropei e pone il lettore di fronte a un male che non ha forma né volto né contorno, a un orrore che non può essere separato dalla banalità di una giornata qualsiasi, a un ingranaggio di noia e odio dell'umanità verso se stessa che nessuno strumento può disinnescare. Un ragazzo uccide il fratellino spingendolo giù dal letto a castello. Un figlio vende il padre paralitico al mercato. Una signora uccide la donna delle pulizie perché porta lo stesso nome di sua madre. La donna delle pulizie di una chiesa la fa crollare sopra le teste dei compaesani riuniti per la messa. Una donna si impicca all'albero che il marito non ha voluto tagliare. Un uomo porta a spasso un cane impagliato che gli ricorda la moglie morta. Un uomo cerca per tutta la vita il suo colbacco; muore senza sapere che glielo nascondeva suo figlio. Nel cosmo di Làszló Darvasi tutti sono inservibili, tutto è inutile, come un pomeriggio vuoto quando sei adolescente, hai la vita davanti e non sai proprio che fartene. Nel cosmo di Làszló Darvasi ognuno è violento, vuole uccidere l'altro, e quanto più l'altro è simile a sé tanto più lo si vuole uccidere. Nel cosmo di Làszló Darvasi si vede al massimo fino all'alba del giorno dopo, è superfluo elaborare progetti grandiosi. Di questo cosmo Darvasi ci guida alla scoperta, illuminando con luce cruda e radente l'indifferenza della volta celeste, la vacuità delle aspirazioni; dimostrando, con giudizio impietoso, inappellabile, eppure così semplicemente vero, che la vita umana non è altro che una faccenda di sopportazione e sopravvivenza.
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Dettagli

2018
19 aprile 2018
328 p., Rilegato
9788842824442

Valutazioni e recensioni

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Sandro Grammauta 1974
Recensioni: 5/5

Da "Le pulizie di una chiesa": Una mattina avevano trovato la vecchia signora delle pulizie, dalla voce gracchiante e la fama di essere una guaritrice, con il viso coperto di mosche, e siccome quelle mosche non se n'erano più andate, nè col ventaglio nè con le preghiere, la ragazza diventò la nuova donna delle pulizie". (...) " La mattina passeggia a piedi nudi lungo le sponde del canale, si dice che si accarezzi il grembo con delle foglie d'ortica. Mangia fiori di camomilla crudi. Dalla bocca le esce una schiuma gialla". Racconto breve questo sottilmente inquietante, e deliziosamente vago e indefinito, il lettore può speculare a proprio piacimento. E come non segnalare Pappagallo, (" Dondolava la sua testa piccola e colorata, osservava, ascoltava. Imparava i sussurri e le grida che circolavano negli appartamenti, poi volava via. E posatosi su altre finestre recitava ciò che aveva sentito". (...) Sa che cosa ha detto uno dei miei operai? Ha detto che quell'uccello è la voce della storia".) . Rullo di tamburo per i pazienti, ("Il tamburino estrasse il tamburo da sotto il corpo senza vita del trombettista, fece un gran sospiro, era intatto. Ritrovò anche le sue bacchette. Pulì il sangue dalla custodia. In mezzo ai morti vagavano galline sotto choc. Il camion che trasportava le galline si era scontrato frontalmente con il loro autobus. La struttura deformata del sistema di gabbie sembrava un occhio gigantesco, il cui sguardo era venato da centinaia di fessure nere"). La caduta, La medagia, Cornelia Vlad, il tremendo Al papà manchi tanto ( per la serie, quando un padre scopre che la propria figlia è una pornostar), Marta era stata in Asia, L'albero e diversi altri brevi racconti. Linguaggio asciutto e tagliente, molto diverso da quello usato nel suo lungo romanzo capolavoro, La leggenda dei giocolieri di lacrime, una raccolta di storie che ho riletto con grande piacere, un mix convincente, efficace ed inquietante di diversi generi letterari.

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Sandro Grammauta '74
Recensioni: 5/5

Racconti sibillini e silenziosi come lame di rasoi sulla tua giugulare. Il dolore lo senti a poco a poco, poi all'improvviso....il buio.

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Gaspare Subissoni
Recensioni: 5/5

Nella sovrabbondanza di uscite letterarie che si accalcano negli scaffali delle librerie fisiche e virtuali, rischia di passare inosservata questa splendida raccolta di racconti del prolificissimo scrittore ungherese László Darvasi, per la prima volta edito nel nostro paese per merito de Il Saggiatore. I racconti di Mattina d'inverno con cadavere trascinano il lettore nella provincia ungherese, in una sorta di contemporaneità sospesa, dove lo scorrere del tempo è dettato dall'andatura delle corriere che battono polverose linee secondarie, dalle marcette di una banda di paese, dall'accumularsi dei bicchieri di pálinka (acquavite di prugne) sul bancone di una bettola. La lingua di Darvasi, ottimamente tradotta, è di grande efficacia nel rendere la dolorosa umanità dei personaggi che popolano i racconti del volume.

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Voce della critica

In casa adoriamo le illustrazioni di Alfred Kubin, artista boemo scomparso alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso. Il suo sguardo, puntato sulla genuflessione dell’uomo nei confronti di un mondo nero e inconoscibile e delle sue entità mostruose, riesce a coinvolgere persino mia moglie che di cose fantastiche e tetre non è certo un’appassionata, anzi. Ce n’è una in particolare – un animale indistinto, enorme e indifferente, forse un ippopotamo, con le fauci spalancate che ingloba una fiumana di esseri umani presi di spalle – che mi si è parata davanti leggendo i racconti di un altro mitteleuropeo, a noi decisamente più contemporaneo.

La straziante e muta disperazione degli omini di Kubin la rintraccio nei racconti di Làszló Darvasi, autore ungherese vivente, considerato tra i più importanti della sua generazione e del suo Paese. Nella raccolta Mattina d’inverno con cadavere (328 pagine, 22 euro), distribuita in tre simboliche parti (Dio, Patria e Famiglia), ci sono uomini che a chiamarli tali ci vuole coraggio, slabbrati fino a sfilacciarsi nel corpo come nell’anima, a volte in un senso solo, a volte in entrambi, e calati in una realtà sabbiosa che inghiotte sogni, glorie e speranze a ogni piè sospinto. Ed è in un mondo naturalmente ostile, quasi che fosse la sua ragione d’essere, che Darvasi mi ha letteralmente malmenato per circa 300 pagine. Anche quando illustra una coppia di innamorati che passeggiano per la città come in Dove abita la Terra? per forza poi tutto si conclude in un turbinio di male – «alcune gocce di sangue le sporcarono il cappotto. La donna entrò nell’ingresso del palazzo, l’uomo la seguì. Lentamente il portone si chiuse alle loro spalle, attraverso il vetro vide ancora per un po’ le due schiene grigie dondolanti» – e sembra paradossale ma soltanto così, nei suoi racconti, il cosmo torna a essere in ordine e in pace. Nel male. La luce – e qui si torna alle impressioni di Kubin dove la speranza è soffocata alla nascita – è fuori posto e persino i libri costituiscono soltanto merce di scambio e di contrattazione, di ricatto, come in Consigli per proprietari di cani, e forse, in questo racconto, c’è tutta la sconfitta dell’umanità.

Recensione di Rosario Battiato

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