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Il mio anno di riposo e oblio
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Il mio anno di riposo e oblio - Ottessa Moshfegh - copertina
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mio anno di riposo e oblio

Descrizione

Tra flashback di film anni '80 — Mickey Rourke in "9 settimane e 1/2" e Whoopi Goldberg —, dialoghi surreali e spassosi, descrizioni di una New York patetica e scintillante, il libro ci spinge a chiederci se davvero si può sfuggire al dolore, mettendo a nudo il lato più oscuro e incomprensibile dell'umanità.


L'esperimento di "ibernazione" narcotica di una giovane donna, aiutata e incoraggiata da una delle peggiori psichiatre della storia. New York, all'alba del nuovo millennio. La protagonista gode di molti privilegi, almeno in apparenza. È giovane, magra, carina, da poco laureata alla Columbia e vive, grazie a un'eredità, in un appartamento nell'Upper East Side di Manhattan. Ma c'è qualcosa che le manca, c'è un vuoto nella sua vita che non è semplicemente legato alla prematura perdita dei genitori o al modo in cui la tratta il fidanzato che lavora a Wall Street. Afflitta, decide di lasciare il lavoro in una galleria d'arte e di imbottirsi di farmaci per riposare il più possibile. Si convince che la soluzione sia dormire un anno di fila per non provare alcun sentimento e forse guarire.
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Dettagli

2020
Tascabile
9 luglio 2020
240 p., Brossura
9788807893698

Valutazioni e recensioni

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Recensioni: 3/5
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Luca
Recensioni: 1/5
Piattume

Che libro inutile. Come premessa andrebbe detto che non si capisce, per quale ragione, le lagne di una protagonista depressa, rancorosa e dipendente da farmaci dovrebbero essere anche solo in minima parte interessanti. Potrebbero esserlo se l'autrice avesse rispetto per chi soffre, e utilizzasse il pretesto per qualcosa di più ampio. Invece non c'è l'ha. L'autrice preferisce la via facile. Preferisce una narrazione "sporca", fatta di descrizioni trash e di disprezzo per gli uomini, come impone il decalogo della letteratura "per donne", diventato ben presto "letteratura ideologica del femminismo." Da un punto di vista critico-tecnico, sembra di leggere una radicalizzazione dello stile della Plath in "La campana di vetro". Il tutto adattato al linguaggio contemporaneo, ma al tempo stesso di un piattume e di una stereotipia incredibili. La credenza secondo cui la letteratura dovrebbe essere copia fedele della realtà, mostrando "la vita", il che ovviamente è lontanissimo dalla verità. Vaglielo a dire, all'intellettuale newyorkese, che su certi motivi ci sguazza.

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giacomina dingeo
Recensioni: 4/5
Psicofarmaco libero

Depressione, disincanto, delusione e una specie di cupio dissovi portano la protagonista ad un uso massiccio di psicofarmaci per dormire, in un desiderio di straniamento (e annullamento forse temporaneo) dalla vita. Storia triste, con finale semiamaro, punteggiata da ironia e scritta con l'uso di elenchi ripetuti, specie di farmaci. Comica e devastante la figura della psichiatra. P. S. Di passata, val la pena ricordare che una persona che usasse tutti i farmaci di cui abusa la protagonista non avrebbe passato il semestre.

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EC
Recensioni: 4/5
Abbandono e disperazione

Un rischioso esperimento porta la protagonista ad assumere in dosi sempre maggiori potenti sedativi e ipnotici nell’intento di cadere in un lungo letargo senza preoccupazioni né interferenze esterne. Non sarà così e la donna, il cui nome non è reso mai reso esplicito, alterna fasi catatoniche ad altre di totale oblio, dominate da iperattività incosciente, fino alla rinascita e all’accettazione del dolore come esperienza ineliminabile della vita. Scritto in modo fluido e coinvolgente, il romanzo intreccia significativamente la vicenda individuale con la storia e la cultura dell’ultimo scorcio del secolo scorso scosso dalla tragedia delle Torri gemelle. Contrariamente alla presentazione della quarta di copertina, non c’è alcuna tenerezza né ironia nella narrazione, prevale semmai l’espressione del disagio, dell’alienazione e della disperazione di un’intera generazione, talvolta delineata con tratti grotteschi.

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Recensioni

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Voce della critica

“Finalmente stavo facendo qualcosa che aveva davvero senso. Dormire mi sembrava produttivo, come se qualcosa venisse risolto. Sapevo in fondo al cuore – e questa era forse l’unica cosa che sapevo in quel periodo – che se fossi riuscita a dormire abbastanza sarei stata bene. Mi sarei sentita rinata, nuova. Avrei potuto diventare un’altra persona, ogni cellula rigenerata tante volte così che quelle vecchie sarebbero state solo memorie sfocate, distanti. La mia vita passata sarebbe stata solo un sogno, e avrei potuto ricominciare senza rimpianti, rafforzata dalla beatitudine e dalla serenità accumulata nel mio anno di riposo e oblio.”

È possibile sfuggire al dolore e anestetizzare i sentimenti? Questo è il quesito che affligge una giovane bella, ricca e privilegiata, che con l’aiuto di una folle e inconsapevole psichiatra decide di andare in letargo per un intero anno della sua vita, cibandosi solo di sonniferi e Xanax.

Nel raccontare la vicenda di questa moderna Bella Addormentata in chiave dark, Ottessa Moshfegh costruisce una sagace e severa critica della società delle apparenze degli anni Duemila, nello specifico dell’élite newyorkese dei quartieri alti e della sua vanitosa gioventù, eternamente insoddisfatta, incapace di gestire i ritmi nervosi della vita e a orientarsi in un mondo connotato da rapporti umani e sentimenti sempre più liquidi.

Attraverso una narrazione fluida ed essenziale e uno stile scattante, la Moshfegh ritrae con disincanto, distacco e pungente ironia personaggi insopportabili e paradossali, eppure tremendamente sinceri, proprio come il senso di precarietà e instabilità che li tormenta, nel quale il lettore non potrà fare a meno di riconoscersi.

Recensione di Lara Metta

Si ringrazia il Master Professione Editoria dell'Università Cattolica di Milano

 

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Conosci l'autore

Ottessa Moshfegh

1981, Boston

Ottessa Moshfegh è un'autrice statunitense. Nata a Boston, scrive romanzi e saggi. Ha pubblicato una novella, McGlue, che ha vinto il Fence Modern Prize e il Believer Book Award. Suoi racconti sono apparsi sulla "Paris Review", sul "New Yorker" e su "Granta". Con Eileen, il suo primo romanzo, ha vinto il PEN/Hemingway Award per l'opera prima ed è stata finalista del National Book Critics Circle Award e del Man Booker Prize. Nel 2019 pubblica con Feltrinelli Il mio anno di riposo e oblio. Nel 2020 esce, sempre per la stessa casa editrice, La morte in mano, nel 2021 Nostalgia di un altro mondo, nel 2023 Lapvona e nel 2024 McGlue.Fonte immagine: sito web Feltrinelli

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