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Un «trattato» beffardo e paradossale, sorretto dauna lucida competenza di testimone e di sociologo, che ha per obiettivo uno dei nuclei piú kafkiani della vita italiana: le miserie e gli «splendori» della burocrazia.
Tra le cose che in Italia crescono d’anno in anno non ci sono soltanto gli enti inutili e lo stato caotico dell’amministrazione: c’è anche per fortuna un libro che di questo ineffabile regno del vuoto resterà forse l’unica traccia dopo i cataclismi tellurici e tecnologici dei secoli venturi, ed è Misteri dei Ministeri , la summa che Augusto Frassineti è andato componendo ormai da venticinque anni e di cui si presenta qui l’edizione (a tutt’oggi) definitiva. Chi dice che l’ltalia manca d’una letteratura satirica? Ben possiamo dire che Misteri dei Ministeri è uno dei libri piú rappresentativi dei nostri anni, e che come oggetto della sua satira non sceglie certo un tema marginale o retrospettivo, ma prende di petto il nodo piú doloroso che impastoia la vita italiana, il male piú incancrenito da cui nessun cambiamento di regime o d’istituti è riuscito a liberarci: l’assurdità burocratica. Anzi, la lente di Frassineti s’appunta soprattutto sugli effetti di questa Ministerialità trascendente e astratta nella coscienza del cittadino che con le sue misere forze cerca di prendere a modello l’irraggiungibile Ufficialità: viene cosí messa a nudo una storica alienazione italiana, il rimettere il proprio destino nelle mani d’una divinità statale distante, maldestra e distratta. Dalla prosa delle pratiche burocratiche questo libro fa scaturire un fuoco di fila d’aneddoti grotteschi, di paradossali contes philosophiques ; ora assume la forma del trattato scientifico ( sulle proprietà fisiche e sulle misteriose radiazioni alla Ministerialità) ed etnologico (sul culto della Potenza ministeriale coi suoi rituali e le sue formule propiziatorie); ora colleziona un prezioso florilegio da un genere letterario solitamente negletto dagli studiosi: il «ricorso», l’«esposto», il «pro-memoria» all’autorità competente; per culminare nell’enunciazione d’una vera e propria U topia , quella dell’« Amministrazione all’aperto». Ma il suo valore letterario sta soprattutto nella forma che il libro ha preso attraverso le sue successive aggregazioni: mimesi della «pratica» ministeriale, del dossier stipato di «pezze d’appoggio»; o mimesi addirittura della topografia labirintica d’un palazzo di Ministero; o prefigurazione già del suo punto d’arrivo – nelle pagine tutte lacerti e lacune -: lo stato di rudere, di rovina archeologica, d’archivio rosicchiato dai topi. Lo sguardo dei satirici senza illusioni, da Swift a Ionesco, non conosce compassione: solo cosí può pretendere di andare fino in fondo. L’inferno che Frassineti esplora è quello dell’ufficialità che promana dall’alto, quello dell’ufficialità che viene subita e alimentata dal basso, dall’alienazione del Suddito Modello, entrambe manifestazioni d’un unico virus che propaga un’accumulazione d’assurdo nel linguaggio e nel pensiero. Italo Calvino
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..unico romanzo di augusto frassinetti, o meglio una via di mezzo tra un romanzo ed un saggio umoristico, in cui l'autore mette sotto la lente di ingrandimento la burocrazia italiana..il racconto parte tutto sommato in maniera abbastanza piacevole ed alla fine della prima parte, la cosa che vien subito da pensare è: "son passati cinquant'anni e siamo ancora allo stesso punto"..poi, peccato, comincia a perdersi via via sempre più a partire dalla seconda sino alla terza parte..il risultato finale è abbastanza deludente..
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