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Il benedettino è il fratello di Jacques Lacan di cui l’autrice era una delusa allieva. Si dialoga sul«tema della relazione e di tutto ciò che si fonda su di essa», nel cammino della cura, nella posizione medico-malato, nel soggetto, nel credere senza oggetto, nella differenza tra guarigione-salvezza ove «certi mali valgono di più di certi beni», nella ricerca di un Dio che dicesse “noi”: la Grazia. Il lavoro dell’anima è indispensabile per la fede altrui non per coloro che rifiutano il dio che ci ha fatti, ma «il dio che abbiamo fatto con il dio-che -ci ha-fatto», nel «mistero di ciò che in noi è più intelligente dell’intelligenza». La prova del credere non è infatti la certezza che ci sia qualcosa in cui credere, ma è il «credere con l’altro» nella relazione come mediatrice d’unione. Qui lo spazio divino può aprirsi tra gli umani, è il cielo che è in loro appartiene all’amore. Il racconto di Abramo non è più l’elogio del sacrificio, ma l’uscita dall’idolatria, una sorta di racconto-medico rivelato a Israele per guarire le nazioni, nella parola divina, liberatrice, alla quale abbiamo scarse possibilità di accedere poiché ne abbiamo nascosto i segni nei testi rivelati. Se l’analista non è coinvolto nella relazione col paziente, la cura non è un’avventura della mente. Freud pensava che l’analisi facesse risalire il diavolo dall’infero per strappargli il suo segreto e poi rimandarlo da dove era venuto. Ma l’inconscio non è il diavolo, è più simile al dio nascosto...«ogni tralcio che nell’Io non porta frutto, Dio lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto». Se «Siamo invisibili in quanto divini gli uni per gli altri» che cosa può assicurarci che esistiamo? Il credere che qualcuno ci vede nell’invisibile e crede che noi siamo. Alla fine questo qualcuno è un Dio per confermarci che anche noi siamo divini? Il cielo è il luogo in cui siamo quando non siamo più invisibili gli uni agli altri.
Il libro narra, sotto forma di dialogo, gli incontri tra una psicanalista ebrea di origine ed agnostica, gravemente malata, ed un monaco cattolico. Il monaco è stato invitato da un'amica della psicanalista. Questo monaco riesce con grande delicatezza ad entrare nel mondo della donna, a superare i pregiudizi di lei verso il cristianesimo, da lei ritenuto dogmatico, superficiale. Particolarmente interessanti le pagine sulla psicanalisi e quelle sul sacrificio di Abramo, in cui Dio (sembra) chiedere ad Abramo di offrigli (uccidendo) il proprio figlio. Ma il Dio del Nuovo testamento non è più quello del vecchio, ed anche la religione dovrebbe rinnovarsi. "... i luoghi di culto dovrebbero essere templi ospedali in cui si arriva malati, succubi di colui che divora: lì scopriremmo racconti-medici lasciati da quelli che sono usciti prima di noi, racconti che curano e danno forza; racconti mappa, racconti-guida per uscire dal paese dell'orco. troveremmo anche amici con i quali cercare di uscire".
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