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(Monologion) Di fatto, volendo trovare i soliti espedienti dialettici, il caro Anselmo dice che è più conveniente chiamare lo spirito Padre (fra l'altro l'etimologia greca, πνεύμα, e poi ebraica רוח ("ruah") è femminile quindi sarebbe meglio "Madre"; ma anche ciò non può esser considerato vero ai fini di ciò che si vuole stabilire, e la cosa mi fa sempre più pensare che Anselmo parte da ciò a cui vuole arrivare per poi tornare indietro, invece che partire dalla fantomatica ragione che continua a elogiare, ma che finora ha reso schiava dei suoi obiettivi.) Lui vuole difendere ciò che vuole, non fare ricerca libera - come penso si intuirebbe da ciò ch'egli asserisce all'inizio. Quindi non è vero che elogia la ragione dicendo che da essa si può arrivare a ciò che vuole dimostrare, ma anzi, è vero proprio il contrario: partendo da ciò che da per vero torna indietro come meglio crede. In questo esempio del Padre-Madre, egli dice anche che la principale causa della prole è il padre. Insomma è merito nostro se il figlio nasce, non metà nostro e metà della nostra compagna. Quale miglior modo per dimostrare la propria ottusità! Ma ci sarebbe tanto da dire... spero il Proslogion sia meglio.
Tommaso d'Acquino, nelle sue cinque vie per dimostrare l'esistenza di Dio, dice che ogni cosa è "causa" di una successiva ed è anche "effetto" di una precendete. Siccome questo processo a ritroso non può andare all'infinito, deve esserci una causa prima e questa è Dio. Dire, però, "siccome questo processo a ritroso non può andare all'infinito" è una premessa anch'essa tutta da dimostrare. Anselmo d'Aosta, invece, nel suo Proslogion, commette un grosso salto di qualità pur essendo vissuto prima. E' un religioso, ma fornisce una prova detta "ontologica", che dimostra l'esistenza di un essere superiore, solo sulla base di un ragionamento meramente logico. Anselmo definisce Dio come "l'Essere di cui non si può pensare nulla di più grande" e poi passa a dimostrare che questo Essere esiste. Definiamo dunque Dio come un Essere che ha tutte le qualità e il massimo di tutte queste (ossia "di cui non si può pensare nulla di più grande"). Nella nostra mente è possibile concepire quest'Essere. Ad es. non conosciamo l'essere più buono al mondo, ma riusciamo nella nostra mente a concepire l'essenza di una bontà assoluta e insuperabile. Ora bisogna dimostrare che questo Essere esiste. Anselmo fà notare che ciò che esiste nella realtà è più forte di ciò che esiste solo nell'intelletto. L'albero esiste nella realtà e quindi anche nell'intelletto, mentre non tutto quello che esiste nella mente esiste anche nella realtà (ad es. un cavallo alato). A questo punto se quell'Essere definito sopra (Dio) avesse il massimo di tutte le qualità, ma non esistesse nella realtà, giungeremmo ad una contraddizione, nel senso che allora mancherebbe della qualità di esistere e allora deve avere come minimo anche l'esistenza tra le sue qualità, poiché anche l'esistenza è una qualità. La validità della sua dimostrazione rimane aperta ancora oggi poiché Kant affermò che (forse) l'esistenza non è una qualità, ma, come sa chi studia logica, è un quantificatore e non un predicato.
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