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Il morso della vipera - Alice Basso - copertina
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morso della vipera

Descrizione


Dopo aver creato Vani Sarca, Alice Basso torna con una nuova protagonista: combattiva, tenace, acuta, sognatrice. Sullo sfondo di una Torino in cui si sentono i primi afflati del fascismo, una storia in cui i gialli non sono solo libri ma maestri di vita.

«Alice Basso seduce e cattura grazie a originalità e freschezza» - Silvana Mazzocchi, la Repubblica

"Ogni mattina Anita si accomoda alla Olivetti e digita digita digita. Le storie che deve trascrivere sono belle. Anita coi personaggi entra subito in confidenza. Tempo due racconti e le sembra di conoscerli da una vita. In ogni storia il protagonista di turno si ritrova in un agguato, in una sparatoria, in una rissa. E Anita ormai lo sa che il personaggio ne uscirà intero, o perlomeno con buone prospettive di ripresa, perché sono racconti seriali, giusto? Mica lo fai crepare, il protagonista che deve tornare ancora e ancora, ci arriverebbe anche un cretino; eppure a ogni lama di coltello che balugina nel buio di un vicolo, a ogni sguardo nero dell’occhio cavo della canna di una pistola, a ogni sagoma minacciosa che si staglia contro la porta di una bisca, Anita trasale e digita più in fretta per vedere come andrà a finire".

Il suono metallico dei tasti risuona nella stanza. Seduta alla sua scrivania, Anita batte a macchina le storie della popolare rivista Saturnalia: racconti gialli americani, in cui detective dai lunghi cappotti, tra una sparatoria e l'altra, hanno sempre un bicchiere di whisky tra le mani. Nulla di più lontano dal suo mondo. Eppure le pagine di Hammett e Chandler, tradotte dall'affascinante scrittore Sebastiano Satta Ascona, le stanno facendo scoprire il potere delle parole. Anita ha sempre diffidato dei giornali e anche dei libri, che da anni ormai non fanno che compiacere il regime. Ma queste sono storie nuove, diverse, piene di verità. Se Anita si trova ora a fare la dattilografa la colpa è solo la sua. Perché poteva accettare la proposta del suo amato fidanzato Corrado, come avrebbe fatto qualsiasi altra giovane donna del 1935, invece di pronunciare quelle parole totalmente inaspettate: ti sposo ma voglio prima lavorare. E ora si trova con quella macchina da scrivere davanti in compagnia di racconti che però così male non sono, anzi, sembra quasi che le stiano insegnando qualcosa. Forse per questo, quando un'anziana donna viene arrestata perché afferma che un eroe di guerra è in realtà un assassino, Anita è l'unica a crederle. Ma come rendere giustizia a qualcuno in tempi in cui di giusto non c'è niente? Quelli non sono anni in cui dare spazio ad una visione obiettiva della realtà. Il fascismo è in piena espansione. Il cattivo non viene quasi mai sconfitto. Anita deve trovare tutto il coraggio che ha e l'intuizione che le hanno insegnato i suoi amici detective per indagare e scoprire quanto la letteratura possa fare per renderci liberi.

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Dettagli

3
2020
2 luglio 2020
320 p., Brossura
9788811812135

Valutazioni e recensioni

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Recensioni: 4/5
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Ritochka
Recensioni: 3/5
Una bella sorpresa!

Non conoscevo Alice Basso se non di nome. Contentissima di aver letto questo libro che, oltre ad essere una piacevolissima lettura, è anche molto istruttiva e, mi pare, attendibile da un punto di vista storiografico. Vivace il personaggio di Anita Bo che si arricchisce pagina dopo pagina. Ho già acquistato il volume successivo e, presto prenderò il terzo, sperando che si mantenga sullo stesso livello! 🤩

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Rosanna
Recensioni: 4/5

Mi sono avvicinata a questa nuova serie di Alice Basso con un po' di titubanza. Avevo già letto, o meglio divorato i cinque libri della serie precedente con Vani Sarca, che mi sono piaciuti tantissimo. Il personaggio di Vani, sopra le righe, è molto diverso da quello di Anita, protagonista di questa serie ambientata a Torino nel 1935. L'autrice riesce qui a presentare molto bene il contesto storico e a individuare una ambientazione adeguata per i suoi personaggi. Anita è curiosa, desiderosa di provare a lavorare, conoscere e imparare cose nuove, è tuttavia frenata dalle imposizioni del fascismo imperante. La storia gialla è per così dire ai margini del romanzo, ma si può capire: essendo il primo volume della serie l'autrice ha dovuto introdurre ambienti, personaggi e storie. Non vedo l'ora di leggere il prossimo libro.

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Anto
Recensioni: 3/5

Nel 1935 il fascismo è in pieno sviluppo e l'unico ruolo riservato alle donne, almeno alla maggioranza di esse, è quello di mogli e madri. A Torino vive una splendida ragazza, Anita Bo, che non possiamo di certo definire un'intellettuale! Anita punta sulla propria bellezza, sui suoi occhioni ammalianti, che tutti conquistano. Non ha mai brillato negli studi e mostra sempre un'aria sorniona e un po' svampita. Eppure inspiegabilmente la nostra protagonista decide che prima di sposarsi, deve lavorare almeno sei mesi! E così inizia una grande avventura all'interno di una casa editrice che pubblica Saturnali a, una rivista piena zeppa di gialli americani e dei racconti sull'investigarore Bonomo, gradito al regime, ma noioso e prevedibile. Anita non ha mai letto un giallo, ma, grazie a un'intuizione, convince il suo capo, che lei chiama con ironia "Satta Coso", a indagare su una vecchia storia, che ha per protagonista un eroe di guerra. Di questo romanzo mi sono piaciuti moltissimo varie cose: il contesto storico, la caratterizzazione dei personaggi, l'ironia che si esprime attraverso il linguaggio di Anita e l'atmosfera frizzante che emerge dalle pagine, la quale fa da contrasto alla crudezza, alla serietà del momento storico e alla violenza dei fascisti. Tuttavia la parte del giallo, che all'inizio appariva alquanto intrigante, si è rivelata un po' troppo inconsistente per i miei gusti. Ovviamente ciò penalizza il mio giudizio sull'intero romanzo e penso che tre stelline siano abbastanza. Peccato davvero!

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Voce della critica

Dopo cinque anni passati a raccontarci la storia e le avventure di Vani Sarca, Alice Basso affronta una nuova sfida presentandoci un nuovo personaggio: Anita Bo.

Dopo tanto tempo in compagnia di Vani delle sue abitudini e del suo ritmo, possiamo solo immaginare l’emozione della Basso che, con un atto di coraggio ha deciso di lasciare la “confort zone” di un personaggio ormai rodato e tanto amato dal pubblico, per entrare a capofitto in un progetto completamente diverso.

Siamo a Torino negli anni ’30, in pieno Regime fascista e non mancheremo di incontrare le Camice Nere e di poterne ricordare i pensieri e i metodi.

Anita Bo è una giovane ragazza in età da matrimonio, direbbero le nonne. Ma nonostante ci voglia far intendere di essere la classica bella un po’ svampita, di quelle che ti conquistano più per la gentilezza del viso e dello sguardo, che per le conoscenze culturali e scolastiche su cui ha oggettive lacune; durante la lettura ci conquista per il suo sguardo sagace e per quel suo precorrere i tempi rispetto all’emancipazione femminile. Ad Anita, l’essere relegata al ruolo di moglie e madre secondo il diktat del Regime, non va. Nonostante il fidanzato sia quel che si diceva un buon partito, appaia felice di sposarsi con il desiderio di uscire di casa e costruire con lui una famiglia tutta sua, Anita è una donna curiosa e perspicace, chiede tempo: sei mesi per poter lavorare e quindi scoprire la bellezza dell’autonomia che tanto ammira in Candida Fiorio, la sua ex insegnante.

Inizia così la storia, che va inevitabilmente ad intersecarsi a Sebastiano Satta Ascona, lo scrittore a cui farà da dattilografa, uno dei pochi lavori definiti e concessi alle donne in periodo fascista.

Nonostante la scenografia che prende gran parte dell’attenzione del lettore, una Torino che appare diversa nella luce e nei colori. Perché le pagine di un libro racchiudono e mostrano al lettore, colori diversi a seconda del tono dell’autore. Non è la Torino a toni freddi di Pavese, quella che ritroviamo splendidamente rappresentata da Michelangelo Antonioni. È la Torino di un periodo sicuramente grigio e oscuro su cui Alice Basso, pur mostrando una precisa cura e conoscenza dei dettagli indice di uno studio approfondito del tempo, apre sprazzi di umorismo e luminosità. Con l’abilità e la maestria che la contraddistingue, ci porta a vivere e rivivere quei giorni con la piena consapevolezza di ciò che rappresentarono per la Storia, ma senza dimenticare di dare spazio alle risate, alla voglia di vivere e di lottare contro il totalitarismo dell’epoca. Il tutto condito con l’ironia e la sagacia delle battute che sono la sua firma.

Insomma, nonostante la profonda diversità dalle storie e dalle ambientazioni a cui ci aveva abituati, nonostante la nostalgia per Vani e Berganza che un po’ ci resta dentro, Anita Bo e Sebastiano Satta Comesichiama finiranno per conquistare completamente i lettori.

Alice Basso ha fatto centro.

 

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Vani Sarca mi ha tenuto compagnia durante la prima “quarantena”: la leggevo la sera, prima di addormentarmi, come un balsamo. Se io, come tutti, non potevo uscire di casa, c’era Vani che mi ricordava quanto fosse bella Torino, la sua collina e Avigliana e tutti i luoghi in cui le sue avventure l’hanno portata durante i cinque romanzi. Che ho letteralmente divorato. Perché finito il primo, non potevo non voler sapere a cosa stesse lavorando ora quella che in un certo qual senso era diventata un’amica. E poi, affezionarsi a Vani ha significato voler bene un po’ anche a Berganza e a Irma e Riccardo e a tutti i personaggi che, con lei e attorno a lei, hanno sfilato nelle sue avventure.

Arriva l’estate e si prova a respirare un po’, seppure con cautela. Le mie letture estive, ahimè, sono state non troppo rilassanti per preparare un concorso che aspettiamo dall’anno Duemilaesempre e si farà nell’anno Duemilaemai.

Poi, ecco l’autunno e di nuovo numeri, percentuali, contagiati, malati, mascherine, DaD o DDI poco importa ma la scuola quella vera non si ferma ed ecco l’uscita de “Il morso della vipera”, il nuovo romanzo di Alice Basso, la “mamma” di Vani Sarca.

Lo prendo e lo tengo lì, nella mia scorta di “piccoli momenti di felicità per nutrire la Resistenza”. Resistere a questa situazione sempre, possibilmente circondandosi di ciò che mi fa bene, come la lettura. Per cui Anita Bo è stata a decantare alcuni mesi in libreria. Poi, qualche settimana fa l’ho iniziata. Inutile negare che Vani mi mancasse tantissimo, che la cercassi in qualche gesto o battuta di questa Anita, apparentemente troppo bella per essere anche intelligente. Incantata dalla descrizione di Torino negli anni ’30 e dalla pertinenza storica dei personaggi, ad un certo punto ho capito che stavo commettendo un grande, grandissimo errore: cercare Vani in Anita non è possibile ed è giusto che non ci abbia trovato la benchè minima somiglianza. Nel momento in cui ho dato una chance a questo nuovo personaggio, la lettura è diventata scorrevole e ho potuto godere di tutte quelle sfumature che a noi, Millennials o quasi Millennials, quasi sembrano scontate.

Anita Bo, figlia di una coppia di tabaccai, ha vent’anni nella Torino del 1935. La Seconda Guerra Mondiale non è ancora nei pensieri della gente, neppure di Mussolini forse, ma i Fasci controllano la vita degli onesti cittadini senza farsi sfuggire nulla e manipolando la verità a proprio uso e consumo. Anita vede davanti a sé un futuro radioso con un bel rampollo di una famiglia di commercianti della città, Corrado, ma nelle sue vene, grazie alla migliore amica Clara e alla ex insegnante di dattilografia, Candida Florio, scorre una voglia molto particolare per quei tempi: il desiderio di emancipazione. Così Anita decide di lavorare un po’ di mesi come dattilografa, pur essendo stata una delle peggiori alunne di Candida in quel senso, e viene assunta presso la casa editrice del signor Muzio Monnè, che pubblica la rivista Saturnalia, settimanale di racconti gialli. Qui mi fermo, perché se no è spoiler ma sappiate che ho imparato più informazioni sulla storia del giallo italiano e sul rapporto tra Fascismo e scrittura da Anita Bo che da qualsiasi altra persona. All’interno del romanzo poi, la vita personale e affettiva di Anita si fonde con un mistero irrisolto, la versione sbagliata della Storia che il Fascismo vuole vendere ai cittadini. E Anita, cresciuta a pane e bellezza, convinta di non possedere nient’altro che la propria figura snella e sinuosa e il proprio visino da diva, scopre di avere un grande talento per le storie.

Le suggestioni che Alice Basso ci regala in questo romanzo (il primo di tante avventure di Anita Bo, speriamo!) sono molteplici: dalle geometrie di una Torino che diventa sempre più espressione del Regime, alle poesie ancora non note a quel tempo in Italia di Edgar Master Lee ma che, decenni dopo De Andrè trasformerà in canzoni e ancora grandi nomi di giallisti americani, Raymond Chandler uno tra tutti. Insomma incontrare Anita Bo e i suoi amici è stata una rivelazione, un piccolo lumino in questo lungo inverno che non è ancora terminato.

Consigliatissimo.

 

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