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Un estratto dal libro
La modernità protestante
Benché il protestantesimo non sia la sola ragione della
nascita della modernità occidentale, ha giocato un ruolo
attivo nel suo emergere e nel suo sviluppo, così come,
d’altra parte, è esistita una modernità cattolica. Tuttavia,
il ruolo delle dottrine nel cambiamento storico dipende
dalla misura in cui queste sono comprese, tradotte nella
vita sociale, mescolate le une con le altre, giungendo a
conseguenze talvolta paradossali, impreviste dagli stessi
protagonisti, e che, tuttavia, non sfuggono a una certa
logica.
Rientra in questo discorso il rapporto tra protestantesimo
e tolleranza. La critica di Lutero nega a qualunque
autorità umana – il papa, il concilio, i magistrati – il diritto
di imporre un credo religioso, una posizione che né
lui né gli altri riformatori manterranno. Al contrario, coloro
che mantennero salda questa posizione (come Castellion)
non diventarono riformatori, dal momento che,
di fronte alle condizioni storiche, quelle stesse convinzioni
impedirono loro di assumere il ruolo di creatori di
una chiesa. Edgar Quinet afferma che, se anche Lutero
e Calvino avevano proclamato la libertà di culto, non
avevano però mai portato a termine «l’ombra di una rivoluzione
religiosa». Era necessario scardinare abitudini
secolari di passiva sottomissione, imprimere altre abitudini
morali: solo quando questo processo si è compiuto,
il protestantesimo ha potuto introdurre la tolleranza, «ultimo
termine» della sua rivoluzione.
Visione schematica e ipotesi interessante: creando
una pluralità di chiese – agendo quindi in una frammentazione del potere religioso –, incrementando l’istruzione
e il contatto diretto con la Scrittura, relativizzando
la distinzione tra clero e laici, il protestantesimo non ha
forse contribuito alla costruzione di società tolleranti e,
anche nella sua posizione originaria, non ha forse avuto,
al loro interno, un qualche peso storico? Il dibattito resta
aperto.
Altri aspetti della modernità possono essere collegati
al protestantesimo. Così, i medici britannici e olandesi
considerano, a partire dal xvii secolo, l’oppio come un
rimedio donato da Dio per alleviare il dolore, mentre non
è così per i medici dei paesi latini, in cui la cultura cattolica
considera la sofferenza un mezzo di redenzione.
3.1 Le Province Unite e la nascita di una società
pluralista
Nei Paesi Bassi spagnoli, la Riforma si diffonde inizialmente
sotto forma luterana o attraverso l’anabattismo.
Ribattezzato nel 1536, un anziano prete, Menno
Simons (1496-1561), dà una struttura ai gruppi degli
anabattisti dell’Europa settentrionale malgrado le persecuzioni
subite da parte dei cattolici e di altri protestanti.
Simons dona nuova ispirazione a questi gruppi
attraverso le sue predicazioni notturne (oggi si considera
«mennonita» la maggioranza degli anabattisti), ma è soprattutto
il calvinismo a prendere piede, stringendo un
legame con il nazionalismo.
Filippo II affida la repressione al duca d’Alba e tra
il 1567 e il 1573 i protestanti vengono sterminati a decine
di migliaia. Nel 1579, le province e le signorie del
sud si riconciliano con Filippo II. Per tutta risposta,
sette province del nord e quattro città formano l’Unione
di Utrecht. Guglielmo il Taciturno, messo al bando
dall’impero, risponde con il celebre Je maintiendrai
(«Io manterrò»), futuro motto della casata d’Orange.
Ben presto le città protestanti del sud (Gand, Bruxelles,
Anversa) capitolano e molti dei loro abitanti emigrano
verso nord, contribuendo alla ricchezza della regione. Si
trovano così a dover coesistere due entità ostili: i Paesi
Bassi spagnoli cattolici e le Province Unite protestanti
formate da repubbliche autonome. Guerre più o meno
latenti e tregue si alterneranno fino alla pace di Vestfalia
nel 1648.
Una relativa tolleranza si sviluppa nelle Province Unite
a seguito della discussione sull’arminianesimo. Secondo
l’ortodossia calvinista, Dio determina in anticipo
ciò che intende fare di ciascun essere umano, disponendo
per lui la «vita eterna» oppure l’«eterna dannazione»,
mentre secondo Jacob Arminio (1560-1609), professore
a Leida, la predestinazione deriva dalla conoscenza da
parte di Dio di chi vivrà nella fede e di chi invece non
crederà. L’accento è spostato dall’onnipotenza divina
alla prescienza di Dio. I sostenitori di Arminio appartengono
alla borghesia degli affari e nel 1610 inviano
agli Stati d’Olanda una Rimostranza contro i calvinisti
ortodossi che cercano di far destituire il loro pastore.
I ceti popolari sono legati alla dottrina della predestinazione
(gli «eletti» non sono necessariamente persone
fortunate), teologia che ha in sé una componente di resistenza
all’attacco spagnolo. Nel 1618-1619, alla presenza
di rappresentanti stranieri, prendono parte al sinodo
di Dordrecht 13 delegati dei Rimostranti. L’arminianesimo
viene condannato, 200 pastori sono destituiti. Ma
alcune province rifiutano di applicare le decisioni del
sinodo e, intorno al 1625 la repressione finisce e templi
riformati arminiani vengono costruiti ad Amsterdam e a
Rotterdam.
Nella seconda metà del xvii secolo, la tolleranza si
rafforza, favorita dall’autonomia delle province e, in alcune
zone, grazie a una percentuale consistente di famiglie
miste. La libertà di coscienza viene garantita pur
con certe difficoltà in periodi di crisi, mentre la libertà
di culto, più limitata, ha caratteristiche diverse da una
provincia all’altra. Alcune amministrazioni sfruttano la
tolleranza di cui danno prova, e per alcuni pastori, questa
tolleranza contribuisce alla sopravvivenza nella vita sociale
di tradizioni cariche, secondo loro, di «superstizioni»:
così, il rito del funerale, liberato con difficoltà dalla
tradizione cattolica nel xvi secolo, recupera elementi
folkloristici cattolici. Ma la volontà di un inquadramento
religioso dei credenti da parte dell’autorità rimane minoritaria.
L’appartenenza a una fazione protestante dissidente,
al cattolicesimo o all’ebraismo, è però segnata da alcune
limitazioni civili: l’impossibilità di accedere alle cariche
pubbliche e l’esclusione dall’assistenza sociale. Tuttavia,
le Province Unite appaiono come una terra di libertà. Nel
1673, il comandante dell’armata di Luigi XIV a Utrecht
scrive che, in questo strano paese, un gran numero di religioni
«hanno una piena libertà di celebrare i loro riti e
di servire Dio come vogliono». Questa libertà, si stupisce
il comandante, si estende anche a chi «cerca una religione
e non ne professa nessuna tra quelle stabilite». Tale
condizione non è scevra da rischi: può nascere il sospetto
che i cattolici siano pro-spagnoli e poi pro-francesi. Ma,
quando Luigi XIV invade le Province Unite (1672), questi
si dimostrano attaccati al proprio paese, dando prova
della solidità di quella società pluralista.