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Anno edizione: 2020
Anno edizione: 2006
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Non sono daccordo che non ci sia "nulla di nuovo". Certamente inedite rilevazioni saranno ormai difficili ma di nuovo (o, almeno, di non ideologicamente preconcetto) c'è la "luce" con cui sono presentate alcune scelte di Mussolini: la "deriva" filonazista, in gran parte causata dalla "miopia" inglese e, in parte, francese; la dimostrazione che, al di là dei proclami "scenografici", Mussolini non aveva, come da più parti si è affermato, scientemente programmato con largo anticipo l'entrata in guerra. Da leggere per "equilibrare", quanto meno in parte, la "vulgata storica" post resistenziale.
Il libro certamente non aggiunge nulla di nuovo alla biografia mussoliniana , ma di sicuro merita di essere letto poiché la vera novità risiede nell'intepretazione disincantata data da Farrell che, lontano dalle deleterie e spesso strumentali polemiche storiografiche influenzate dalla politica nostrana, ci restituisce un ritratto documentato dell' "uomo di Predappio" a tutto tondo con i suoi vizi e le sue virtù , ma quel che più conta mostrando quanto in realtà non vi fu mai una vera e propria cesura ideologica tra l'azione politica svolta da Mussolini nel periodo in cui militò attivamente nelle file del socialismo e quella sviluppata successivamente come capo del fascismo. Una biografia che lascia insomma un pò di spazio ad un'analisi delle idee ed alla prassi ad esse connessa sviluppata dall'uomo che aspirò a pervenire ad una una nuova sintesi politica italiana di carattere totalitario, che fosse capace di superare in nome della concordia nazionale ed all'interno dello Stato l'antitesi destra-sinistra e la conflittualità fra capitale e lavoro, ma che concluse i suoi giorni al termine di una sanguinosa guerra civile.
Ancora Mussolini! Ugoberto Alfassio Grimaldi nella prefazione all'edizione Bompiani 1974 del ''Mussolini'' di Laura Fermi, disse: ''Attorno al personaggio mussoliniano che cosa c'era ancora da dire dopo Gobetti e Bottai, dopo Borgese e Monelli, dopo Salvemini e Berneri?''. Sono assolutamente d'accordo: non era necessaria l'ennesima biografia del duce. L'opera di Farrell, pur pregevole per lo stile brillante e anticonformista tanto da sembrare scritta da un parente di Mussolini, non apporta niente di nuovo in ordine alle vicende umane e politiche del duce, tanto da convincerci che le biografie di Monelli(Garzanti 1966)e della Fermi(Bompiani 1974) siano ancora le migliori e non superate dalle recenti per freschezza e originalità.
Recensioni
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L'autore è il giornalista cui due anni fa Berlusconi rilasciò l'intervista sulla presunta bontà del fascismo, che scatenò una polemica estiva interminabile. E già nella premessa scrive: "L'idea di punta del fascismo che lo spirituale conta più del materiale risuona sempre di più, e nel campo economico il concetto fascista della Terza Via sopravvive ed è supportato dagli alfieri della sinistra moderna". Per poi affermare, più avanti: "Ciò potrebbe sorprendere qualcuno, ma sostenere che il fascismo sia stato un fenomeno di 'destra' significherebbe misconoscere la visione di Mussolini". E infatti lo studio del giornalista inglese per buona parte si consuma attorno a questa chiave di lettura, che cerca di attualizzare il dittatore fascista e di farne il precursore delle più avanzate esigenze dell'attuale "welfare state". Ben sapendo come questa interpretazione sia male accolta dalla storiografia internazionale, l'autore si spende così in una trattazione che sfiora le seicento pagine, vagliando la vita di Mussolini in ogni aspetto. Nulla del Duce è ignorato: perfino le vicende amorose sono descritte analiticamente, specificando, con una certezza sospetta, i gusti dell'alcova del dittatore. Giovanni Giolitti è definito "trasformista", Giuseppe Prezzolini "un nazionalista fortemente influenzato da Nietzsche", Gobetti viene totalmente ignorato e Croce ridotto a un pensatore liberale assolutamente imbelle. Perfino Gramsci resta inchiodato a un grigiore tetro: "Il suo principale contributo alla discussione fu che non era sufficiente rilevare i mezzi di produzione, il comunismo doveva accaparrarsi anche la cultura", il che "era esattamente ciò che pensava anche Mussolini". Per il giornalista inglese "il Duce degli italiani" rappresenta poi insindacabilmente l'evoluzione dello spirito nazionale e può certamente essere citato nella legion d'onore dei più importanti patrioti: "Garibaldi aveva iniziato il processo di creazione dell'Italia e Mussolini lo avrebbe completato".
La caduta è infine causata quasi esclusivamente dall'antagonismo dei gerarchi. Quanto a Ciano, "era semplicemente il tirapiedi del Duce" e il suo appoggio all'iniziale neutralità italiana nell'incipiente conflitto mondiale "era dettato solo dalla paura di perdere". Farrell non risparmia neanche l'azione partigiana, che viene paragonata a "una piccola, disorganizzata, male addestrata e disunita Armata Brancaleone". A Mussolini resta così sostanzialmente imputata la sola responsabilità dell'esiziale alleanza con il Führer, responsabile della sconfitta italiana. È poi presente il consueto stereotipo che ci descrive come un paese antropologicamente anomalo, "in cui la gente è tanto profondamente superstiziosa, religiosa, chiassosa e teatrale", "il solo in cui D'Annunzio e Mussolini avrebbero potuto ottenere un successo su così larga scala". Può allora stupire che questo volume sia stato pubblicato nella collana a cura dello storico Francesco Perfetti, in una dubbia traduzione (secondo cui i partiti "vincono" anziché conquistare i seggi, un'offerta è "condannata" anziché rifiutata, e via proseguendo). Gli eventuali dubbi si dissolvono comunque presto. "Dal 1998 come si evince dal retro di copertina l'autore si è trasferito in Italia e vive a Predappio".
Filippo Maria Battaglia
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