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Narrare la storia. Nuovi principi di metodologia storica
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Tutti i formati ed edizioni
In commercio dal:
1 gennaio 1998
Pagine:
352 p.
EAN:
9788842493365
Indice
I. I caratteri fondamentali del racconto storico. Le oscillazioni temporali. Le configurazioni e trasfigurazioni spaziali nel racconto storico. II. Il livello informativo (logico e grammaticale) del racconto storico. III. Il livello persuasivo (retorico) del racconto storico. IV. Il livello determinante (ideologico e teorico o profondo) del racconto storico. V. L'invenzione e l'argomentazione. Accertamento dei fatti e spiegazione storica alla luce della filosofia dell'argomentazione. VI. La verità storica: critica e difesa.
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Alberto Fassone
02 gennaio 2003
Il volume di Topolski è a mio avviso uno dei contributi più importanti, in campo metodologico, che siano apparsi negli ultimi decenni. Splendido è fra l'altro il capitolo sulla "retorica", intesa come secondo livello (persuasivo)della narrazione storica: è proprio qui, infatti, che Topolski prende le distanze dalle teorie post-moderne (Derrida, fra gli altri) che dissolvono la narrazione storica in una dimensione puramente linguistico-letteraria. Il superamento del "linguistic turn" è infatti per Topolski una tappa fondamentale di una metodologia che tenendo debito conto delle acquisizioni epistemologiche più recenti non intenda rinunziare all'idea della "verità", sia pure intesa in senso non classico e anti-positivistico (la metafora del "filo" di Hayden White). Come storico della musica posso dire che lo studio di questo saggio - e la conoscenza personale dell'autore negli anni Novanta - ha segnato per me un momento fondamentale di maturazione. Sulla rivista "La Cartellina" (primavera 2002) è uscito un mio contributo sulla retorica nella metodologia di Topolski e nella "Figurenlehre" barocca, che segnalo agli interessati. La metodologia di Topolski è un efficace antidoto alla massificazione del pensiero (o del non-pensiero)e ad ogni tipo di ideologizzazione; gli spunti critici che storici appartenenti ad ogni area ed orientamento (storici dell'economia, della politica,metodologi e filosofi della storia, storici della letteratura, dell'arte e della musica) possono trarne sono innumerevoli. Topolski stava lavorando, quando la morte lo colse inaspettatamente, ad un manuale metodologico destinato agli studenti dei Licei, sempre in collaborazione con l'amico prof. Raffaello Righini. E' un vero peccato che la scomparsa di entrambi gli autori abbia reso impossibile l'attuazione di un progetto che sarebbe stato di grande utilità nel campo della didattica della storia.
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recensione di d'Orsi, A., L'Indice 1998, n. 2
Non gode di grande fortuna la metodologia nella nostra cultura storica; pochi i corsi universitari, scarsissimi i titoli sul mercato editoriale, pochi persino i contributi su periodici. E un "laissez-faire metodologico" è stato qua e là denunciato da taluno studioso in merito alla concreta ricerca storica; ma senza esito degno di nota. La "communis opinio" fra gli storici è, a ben guardare, che se proprio si vuole parlare di metodo, ciascuno ha il suo, ed è null'altro che il modo specifico con cui egli si adopera al lavoro nel suo stesso farsi. Forse è anche per questa ragione che gli opinionisti dei grandi media diventano repentinamente "storici", benché, in fondo, essi non facciano che rendere la pariglia agli storici che diventano "opinion makers", in una gara emulativa ove ciascuno dei due fronti tenta lo sfondamento della trincea avversaria.
Abbastanza diversa appare la situazione in altri contesti linguistico-culturali, dove ricerca e riflessione teorico-metodologica sembrano procedere, se non sempre in sintonia, certo più vicine. Il polacco Topolski, già noto al pubblico italiano per importanti contributi storici e storiografici, conferma con questo libro - che è quasi un lavoro a quattro mani, con un traduttore-collaboratore italiano - la propria vocazione di metodologo.
In questo caso egli affronta un tema specifico come la narrazione, sviscerata analiticamente con quel gusto della costruzione "completa" di una teoria che caratterizza l'autore: dal livello informativo all'impiego delle figure retoriche nel discorso, dall'invenzione e dall'argomentazione in essa presente alle numerose vie dell'ideologia che vi si cela... Ma, dietro, affiorano le questioni più generali della teoria storiografica, a cominciare (o per finire?) dalla "vexata quaestio" della "verità".
Topolski, pur indossando i panni di colui che si limita a descrivere il "come", rinunciando a priori alla prescrittività normativa, in realtà porta per mano il lettore verso un orizzonte ben preciso, che è quello della via di mezzo fra le posizioni estreme. In effetti egli rifiuta da un canto il realismo ingenuamente fattualistico, secondo cui la verità esiste, è unica e lo storico deve semplicemente raggiungerla grazie ai documenti, dandone conto ai fruitori del proprio lavoro; e, d'altro canto, respinge la tesi di quanti, negando qualunque ruolo conoscitivo alla storia, ne parlano come di una pura forma del vasto universo letterario. Per Topolski, posto che il passato non esiste in sé e per sé, ma è sempre necessario un atto ri-creativo che ne costituisce la realtà attraverso il racconto, lo storico non può abbandonare la categoria stessa di realtà, e ciò non solo per ragioni epistemologiche - nota opportunamente l'autore - ma altresì "morali, etiche e sociali". Davanti alle tante forme di "revisionismo", in particolare alla sua versione estrema, il "negazionismo" relativo ai campi di sterminio nazisti, ci sembra questa una posizione appunto non solo epistemologicamente accettabile, ma altresì eticamente e politicamente "corretta".
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Dopo due libri, divenuti dei classici della riflessione contemporanea sul sapere storico (Metodologia della ricerca storica, 1975 e Teoria del sapere storico, 1983), Topolski propone una nuova teoria della storiografia mettendola in relazione a una filosofia della storia che tiene conto dell'evoluzione del pensiero contemporaneo (Derrida, Barthes, Foucault, Ricoeur, Eco). Il libro fa un'analisi accurata del racconto storico, delle sue strutture retoriche, dell'uso delle fonti e dei condizionamenti ideologici che intervengono nella ricerca e nella scrittura. Un'opera di discussione, approfondimento e studio, che mancava in Italia.
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