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Questo libro mi ha lasciato un segno profondo dentro, è impossibile rimanere indifferenti al dolore dei personaggi e al modo in cui viene raccontato, ci si riconosce in quel dolore, ci si specchia, anche se nello specchio c'è un volto che non è il nostro, ma è quello di un altro essere umano e dunque possiamo riconoscerci, ed è quello che colpisce e strazia. Ci si affeziona ai protagonisti come se fossero parti di sè, nessun libro mi aveva scossa tanto, alla fine del primo racconto mi tremavano le mani, mentre l'ultimo mi ha fatto letteralmente piangere. Crepet è come un bisturi che apre l'anima e la fa sanguinare, ma che insieme la libera dandole sfogo.
E' sorprendemente facile riuscire a scrivere e a credere di aver compreso che cosa sia il dolore, la sofferenza, l'oblio e la forza per andare avanti. E' molto facile ascoltare, continuare a far sentire pazienti e trovare dedicandosi, un tempo per riportare storie e racconti raccontati. Ahimé per quanto scritto correttamente, ineccepibile ciò, si é molto lontani dal sapere cosa sia il dolore. Qui ricalca un artifizio umano non si sa se per l'autore stesso o come va dicendo per i suoi lettori. Pazienza! Ma se per una volta scrivesse una favola potrebbe capire quei tanti racconti che quotidianamente gli vengono destinati. Fa bene all'animo, fa bene ad uno spirito che talvolta decade nell'egocentrismo .
Scritte con cura e grande sensibilità, le tre storie, insieme, sono lo specchio di una grandissima parte del mondo in cui viviamo. La tristezza che ne scaturisce altro non è che la tristezza esistenziale di chiunque approfondisca l'odierna realtà umana, e vada alla ricerca della verità. L'autore ammette di scrivere per necessità, anche per non essere travolto dalla disperazione che spesso incontra nelle sue esplorazioni umane. Ho trovato in "Naufragi" una specie di gemito, di sfogo, di ululato al cielo da parte dell'autore. Le necessità del lettore passano in secondo piano.
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