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Per gli autori di questa agile ricerca, giornalisti dell'"Unità", "l'autonomia vera e piena della politica (...) è possibile esclusivamente nel pacifismo". Non a caso il loro è un tentativo d'ampio respiro, che vede non solo la ricostruzione delle vicende del pacifismo italiano (da San Francesco a Luisa Morgantini, passando per Teodoro Moneta, Danilo Dolci e altri), ma anche un'analisi politica che supera tali confini, perché il pacifismo è internazionalismo: vengono quindi richiamate le esperienze del gruppo Pungwash, di Bertrand Russell, della Helsinki-citizen-assembly, sorta nel 1988 per coordinare pacifisti occidentali e dissidenti dell'Est, delle Donne in nero, così come pure di Boutros-Ghali, segretario dell'Onu una decina di anni fa, autore nel 1992 di un'eccellente Agenda per la Pace, ma successivamente non confermato nell'incarico per il veto statunitense. Le ambizioni del pacifismo, dicono gli autori, sono umanistiche e "universali", come nel vecchio socialismo e nel cristianesimo sociale. Obiettivo, quella che Capitini chiamava una "omnicrazia", unanimismo democratico della ragione basato sulle comuni esigenze e sulla sicurezza di tutti nella giustizia. Il libro si conclude con svariati rimandi a links, pubblicazioni e indirizzi. Non prima però di aver comunicato al lettore una serie di messaggi: i pacifisti, si sostiene, sono più informati di quanto molti, soprattutto fra i politici, pensino; il movimento di Porto Alegre contiene una forte istanza pacifista; l'opinione pubblica mondiale, dopo l'offensiva statunitense nel Golfo, potrebbe far segnare un netto e duraturo spostamento verso valori pacifisti.
Daniele Rocca
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