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La mistica inglese Giuliana di Norwich (1342-1416) non fu mai canonizzata, ma tra gli eremiti medievali riveste un ruolo di primo piano per le sue visioni riportate nelle "Rivelazioni del divino amore", scritte con uno stile ispirato e insieme semplice, comunicativo, di estrema e umile dolcezza. Negli otto capitoli in cui è suddivisa questa pubblicazione sono raggruppate per argomento le sue illuminazioni spirituali, che ambiscono anche ad essere per i credenti stimoli alla meditazione, alla preghiera, all'accoglienza del divino. "Io non sono un maestro...sono infatti una donna debole, ignorante e fragile...Ed è la vera carità che mi spinge a parlarvi, perché io voglio che Dio sia conosciuto". Le sue riflessioni sono infatti un itinerario che non conosce scorciatoie, sbandamenti, inversioni di marcia: bensì percorrono l'unica strada che unisce l'anima a Dio. Un Dio che è Padre e Madre, bontà e giustizia, misericordia e grazia, infinito ed eternità. "Dio è la nostra veste e per amore ci avvolge e ci fascia, ci abbraccia e si racchiude attorno a noi, ci sta vicino con tenero amore e non ci abbandona mai. Egli è ogni cosa buona"; " Dio ci guarda con compassione e pietà, come bambini innocenti e senza colpa...Egli non fa nessun rimprovero"; "Dio è quella bontà che non può mai adirarsi, perché Dio non è altro che bontà". A lui il cuore delle sue creature si deve rivolgere con fiducia e gioia, perché "Anche la cosa più piccola non sarà dimenticata...Tutto quello che ci manca lo troveremo in Lui... Dobbiamo riconoscere umilmente la nostra debolezza, sapendo che non riusciamo a stare in piedi neanche per un batter d'occhio senza l'aiuto della grazia, e stringerci a Dio mettendo in Lui solo la nostra fiducia". Come per ogni vero mistico, anche per Giuliana non c'è necessità di alcun intermediario tra l'uomo e Dio, tra cielo e terra: in queste riflessioni non nomina mai la Chiesa, consapevole che "la vera dimora di Dio è nell'anima dell'uomo".
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