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Libro che racconta il viaggio di un bambino di un bambino afgano. Toccante e molto interessante
Mi è piaciuto solo parzialmente
Libro che scorre veloce, ma che ti lascia dentro delle chicche preziose su cui sostare e riflettere. Molto commovente il finale, durante la cui lettura mi sono ritrovata con gli occhi lucidi. Grazie. Secondo me servono più storie come questa perché aiutano a conoscere l'altro (che a volte prende le vesti del nemico) e a non averne paura.
Recensioni
Devo fare una premessa. Ho una passione smodata per i romanzi che hanno come protagonisti ragazzini scombinati. E più sono raccontati dalla loro stessa voce, più mi piacciono. Per questo trovo particolarmente difficile mostrare distacco da “Nel mare ci sono i coccodrilli”.
Storia di un viaggio, come piace a noi. Un viaggio verso la libertà (e ci piace un po’ meno…). Un viaggio troppo di moda, di questi tempi. Fatto di abbandoni, violenza, sacrifici, miseria. Ma che, dagli occhi di un bambino, lascia trasparire tutta l’umanità di una condizione disumana. Il dolore diventa opportunità. I sogni devono vincere contro il male.
Enaiatollah scappa dalla violenza di un paese che per lui non ha futuro. In realtà è obbligato a scappare dal più grande e contraddittorio gesto d’amore della madre: l’abbandono. Mercanti di schiavi, corruzione, amicizie brevi e fugaci. La morte sempre troppo vicina. Destini che si incrociano, quelli di chi fugge. Pochi raggiungono la meta. Pochissimi, la libertà.
E non bastasse l’intero racconto a stimolare delle domande, a riflettere su questioni tanto attuali, soffermatevi sulle ultime pagine; sul perché Enaiatollah non sarebbe potuto restare a casa sua… sull’articolo del bambino-talebano-boia.
E’ del 2010, il romanzo; e tutto lascia supporre che sia una storia vera. Più che vera.
La storia, quella raccontata, di molti altri Enaiatollah. Troppi altri.
Sarebbe forse utile che libri come questo si leggessero di più. Forse impareremmo che quella storia che ‘fare di tutta l’erba un fascio’, benchè estremamente comoda, non è sempre la soluzione più opportuna. Si chiama umanità. Si chiama civiltà.
Ah, una raccomandazione: già che ci siete, accompagnate la lettura con l’ascolto di Stiamo tutti bene di Mirkoeilcane!
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