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recensione di Rondolino, G., L'Indice 1993, n. 5
Sono state le Giornate del Cinema Muto di Pordenone a svelare, l'anno scorso, un piccolo mistero che avvolgeva l'attività di Walt Disney nel periodo compreso fra il 1921 e il 1928: cioè gli anni del "muto", prima che Disney diventasse famoso in tutto il mondo col personaggio di Mickey Mouse e con la serie delle "Silly Simphonies". Anni di formazione, di apprendistato, di cui i dati storici e filmografici erano scarsi, e soprattutto non molti dei film realizzati erano noti.
Un periodo estremamente interessante, che acquista oggi un significato particolare, anche alla luce del successo, di pubblico e di critica, della "Bella e la Bestia", che ha riproposto, nella sua complessa e varia specificità artistica e spettacolare, quella che possiamo chiamare la perennità di un modello cinematografico, per grandi e piccini, che Walt Disney - e così la sua casa di produzione che ha continuato dopo la morte del suo fondatore a ripetere all'infinito, con pochi aggiustamenti, i tipi e le forme di quel modello - aveva proposto, ancora in modo approssimativo ma già chiaro, fin dagli anni della sua formazione e del suo apprendistato.
Il libro, riccamente illustrato e corredato di una filmografia completa e scientificamente precisa, non è soltanto una sorta di catalogo della rassegna retrospettiva di Pordenone, ma anche e soprattutto un contributo fondamentale alla conoscenza e allo studio di quel periodo dell'attività disneyana. Ne vien fuori un artista, un disegnatore, un umorista, un uomo di spettacolo, che a poco a poco riesce a individuare, attingendo abbondantemente alla recente tradizione del fumetto e del disegno animato, una sua propria cifra stilistica. E questa egli la impiega, a volte in maniera originale e persuasiva, altre in modi ripetitivi e sommari, per costruire una serie di piccoli film attorno a un elemento spettacolare forte: sia esso lo spunto narrativo fornito dalla favolistica classica, sia esso un personaggio centrale e fortemente caratterizzato.
In questa seconda direzione, acquista un rilievo particolare la serie delle "Alice Comedies", un gruppo di più di cento film realizzati fra il 1923 e il 1927 che mescolavano personaggi in carne e ossa (la piccola Alice, interpretata prima da Virginia Davis, poi da Margie Gay e Lois Hardwick) e disegni animati. Una serie di cui si conoscevano sino a poco tempo fa soltanto alcuni titoli, e che oggi assume il carattere, nella formazione tecnica e artistica di Disney, di un momento fondamentale e decisivo. Nel senso che, proprio grazie alla continuità e alla varietà dei singoli episodi, le "Alice Comedies" costituiscono la base per quella elaborazione estetica e spettacolare che ritroveremo, ben altrimenti ricca e accattivante, nelle serie successive, ormai sonore e a colori. Fino al successo mondiale del primo film di lungometraggio, "Biancaneve e i sette nani", fino, addirittura a "La Bella e la Bestia".
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