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Un tema molto difficile, quello affrontato da Fernanda Alfieri con straordinaria competenza e rigore: il discorso della teologia morale sulla sessualità nel periodo cruciale della Controriforma. Si tratta di un discorso, come chiarisce subito l'autrice, elaborato da uomini celibi che con i fatti della carne non avrebbero dovuto avere alcuna familiarità. E invece è un discorso ben consapevole degli impulsi passionali e del piacere dei sensi, capace di svelare i segreti più reconditi del talamo nuziale. Il gesuita spagnolo Tomás Sánchez è noto appunto per la scrupolosità con cui ha trattato la sessualità coniugale, non esitando a presentare descrizioni puntigliosamente dettagliate dell'atto carnale nelle sue molteplici varianti. Non può stupire che le sue tesi venissero tacciate di "morbosa curiosità" e fatte oggetto di critica severa da parte di molti suoi contemporanei.
Ma l'indagine di Alfieri, che da Sánchez prende le mosse, va ben oltre l'approfondita analisi delle pagine del libro nono, intitolato De debito coniugali, della sua famosa opera Disputationes de sancto matrimonii sacramento (1602-1605). Essa ci presenta un quadro di ampio respiro, che ricostruisce le opinioni delle numerosissime autorità cui il gesuita fa di continuo riferimento, a cominciare da Tommaso d'Aquino, il "princeps theologorum". Al tempo stesso, colloca l'opera nel suo preciso contesto storico: gli anni successivi al concilio di Trento (1545-1563), che ai sacramenti del matrimonio e della penitenza aveva dedicato molte delle sue sessioni. Senza il concilio, le Disputationes non sarebbero state scritte. L'autrice sottolinea con acutezza come i decreti tridentini non si fossero posti solo l'obiettivo di imporre un maggior controllo sulle forme di celebrazione del matrimonio (richiedendo come condizione di validità del vincolo, oltre al consenso degli sposi, la presenza del parroco e di testimoni), ma avessero posto le condizioni per intervenire anche sull'intimità coniugale, attraverso la riorganizzazione del sacramento della penitenza. La confessione si andava sempre più trasformando, grazie soprattutto ai gesuiti, in esame interiore, scavo dell'animo, conoscenza di sé lungo un percorso di perfezione. In questo quadro il rapporto con il confessore assumeva un ruolo centrale. Di conseguenza bisognava preparare il clero a confessare bene, specie su temi scabrosi quali erano i peccati della carne (Sánchez giustificò il suo eccesso di precisione proprio con questa necessità). Ma l'interessante, come mette ben in luce l'autrice, è che l'esame in confessione non poteva limitarsi a denunciare i comportamenti illeciti, ma doveva scavare nei pensieri e nei desideri che accompagnavano l'atto sessuale. Non solo gli atti esterni, ma quelli più intimi dovevano essere scandagliati nel confessionale: atti che, proprio perché occulti, non provocavano scandalo nella società, ma turbavano l'equilibrio interiore dell'individuo. In tal modo la chiesa estendeva le sue competenze fin dentro gli spazi intimi della coscienza, appropriandosi di volta in volta di nuovi ambiti da sottoporre al suo controllo.
Secondo Alfieri, questo processo di estensione della norma non implicò tuttavia un suo irrigidimento. Anzi, le Disputationes rivelano la sapiente duttilità di Sánchez su molte delle questioni affrontate. In contrasto con una tradizione secolare di diffidenza verso il corpo e la sessualità, il gesuita spagnolo non propone il rifiuto del piacere, bensì la sua gestione all'interno del matrimonio. L'accento è posto sulla possibilità dell'individuo di migliorarsi e dominarsi, pur se sotto la guida di teologi e confessori ben preparati. La riflessione del gesuita spagnolo sulla sessualità non verte principalmente sull'atto carnale, che senza troppe difficoltà egli non giudica peccato, se legittimato dal sacramento del matrimonio e finalizzato alla generazione.
Il problema sta nella ricerca volontaria del piacere dei sensi. Sánchez riconosce legittimo un uso moderato dei sensi il pensiero, il tatto, la vista, la parola che possono scatenare il piacere. Ciò che conta è che la volontà eserciti un ferreo controllo per contenere le pulsioni sessuali nell'ambito della legittimità. Al punto che Sánchez finisce per ammettere, anche tra persone non coniugate, lo scambio di baci, toccamenti, parole sconvenienti, a patto che non ci sia la volontà di giungere all'atto sessuale (fu questa la questione considerata più scabrosa dalle gerarchie ecclesiastiche). Anche il piacere della donna è considerato legittimo, anzi determinante, se favorisce la generazione. L'autrice analizza i diversi pareri di medici e teologi in merito al contributo della donna alla generazione e si sofferma sulla questione del conflitto tra madre e feto, tra sopravvivenza della donna e prosecuzione della generazione. Nonostante l'apertura dimostrata da Sánchez nell'affrontare molti punti cruciali della sessualità nel matrimonio, secondo Alfieri le Disputationes ripropongono tuttavia la tradizionale "visione materialistica" dell'unione coniugale che pone in primo piano la funzione riproduttiva. Solo con il Concilio Vaticano II l'accento sarà posto, oltre che sulla prole, sull'amore coniugale.
Daniela Lombardi
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