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Anno edizione: 2010
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È un libro su confini e frontiere, incursioni e guerre di conquista, terre rivendicate e contese, assedi, violenze e lotte mortali. Ma è soprattutto un libro sulla paura, la paura di un nemico incombente ai margini orientali dell'Europa balcanica, e su ciò che l'ha continuamente alimentata e che da essa è stato a sua volta nutrito, ossia gli stereotipi e in particolare quelli che sono stati definiti con la formula "orientalismo di frontiera" (Andre Gingrich).
Wheatcroft non solo ricostruisce i fatti politico-militari che condussero all'ultimo assedio ottomano di Vienna nel 1683, ma analizza l'immagine degli ottomani nell'opinione europea al tempo del prolungato scontro tra mondo ottomano e mondo asburgico. Sottostante a tutto il libro è il problema affrontato da molti storici: perché, nonostante la potenza, l'efficienza e la solidità derivanti dall'indiscussa autorità del sultano e nonostante la più incerta e traballante posizione degli imperatori asburgici in un'Europa dilaniata da conflitti religiosi e politici, lo stato imperiale ottomano perse la "battaglia per l'Europa" e imboccò la china del fallimento? Il 1683 chiuse infatti simbolicamente il ciclo di conflitti che si era aperto centosessanta anni prima, quando il sultano Suleiman aveva intrapreso una fase di espansione, espugnando Belgrado nel 1521, sbaragliando gli ungheresi a Mohács nel 1526 e assediando senza successo una prima volta Vienna nel 1529. Nel secolo e mezzo seguente la "proiezione di potenza" ottomana culminò con il secondo assedio di Vienna. Lo scacco del 1683 segnò la fine della Grande guerra turca (1667-1698) e del disegno ottomano di estendere universalmente l'autorità dell'islam e di strappare all'indegno usurpatore asburgico l'eredità imperiale romana. Non è strano, perciò, che per tutto questo periodo, a dispetto della retorica del declino ammannita dalla pubblicistica europea, i turchi fossero diventati una metafora della tirannia e del terrore.
Come Vienna fu liberata e la minaccia turca scongiurata nel 1683 è ampiamente narrato nei tre capitoli centrali del libro, nei quali spiccano le figure dei comandanti cristiani, Carlo duca di Lorena e il principe Eugenio di Savoia. L'autore ne espone imprese e doti militari e spiega come i due condottieri contribuirono a creare un mito di se stessi e della liberazione dell'Europa cristiana. La costruzione della multietnica monarchia asburgica ottocentesca, con i suoi progetti culturali "orientalistici", avrebbe dissolto la psicosi dell'assedio islamico, sostituendo alla percezione negativa del turco uno spirito di amicizia in funzione antirussa, consacrato dall'ingresso della Turchia nel sistema europeo degli stati (ne fu simbolo la presenza turca all'Esposizione di Vienna del 1873), dalla modernizzazione dei Balcani asburgici e poi dai flussi migratori novecenteschi. Wheatcroft sa notare come quella psicosi non solo sia pronta a risorgere, ma continui a pesare sull'atteggiamento di esponenti del mondo politico e religioso europeo e cattolico di fronte alla prospettiva dell'ingresso della Turchia nell'Unione Europea. Per contrastare chi, come papa Ratzinger, giudica antistorica una simile prospettiva, non c'è altro modo che usare la storia non come mito al servizio di ideologie, governi e poteri, ma come ricostruzione dell'effettivo svolgersi dei fatti.
Guido Abbattista
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