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Anno edizione: 2014
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Non ti aspetti che i freddi e controllati giapponesi esplodano in passione e sensualità travolgente fino alle estreme conseguenze. La storia narra di un amore adulterino con menzogne e promesse tipiche di rapporti del genere. Finale tragico...Da leggere.
Romanzo molto piacevole. Interessante il tema delle due Madri. Da leggere!
Un romanzo molto introspettivo. Inizia con un rapimento, quindi il lettore sarebbe portato istintivamente a odiare la donna che prende con se una bambina di pochi mesi, strappandola alla sua famiglia. Ma quella donna non riesci ad odiarla. Si crea infatti da subito un immediato senso di empatia con questa donna. Un romanzo che ti fa riflettere sui legami, sulla famiglia, sulle ferite dell'anima, un lungo viaggio nei meandri più intimi di un essere umano, sullo scopo della nostra esistenza. Un racconto raccontato con estrema maestria, che porta il lettore a riflettere e a porsi degli interrogativi. Emozionante, senza essere stucchevole e bonario. Bellissimo. Sicuramente consigliato!
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Leggere la trama di un libro non significa nulla.
A volte iniziamo con entusiasmo un libro, perché la vicenda ci interessa, o ci sembra originale, e restiamo delusi dallo stile piatto e dalla mancanza di vita dei personaggi.
A volte, invece, la trama ci appare banale, e poi, quale sorpresa!
E’ il modo di raccontare dello scrittore che ci trascina, che rende unica la storia, incantandoci. Avviene così per “La cicala dell’ottavo giorno” della scrittrice giapponese Kakuto Mitsuyo.
Una giovane donna, Kiwako, rapisce una neonata, riesce a tenerla con sé per tre anni e mezzo, finché viene scoperta.
La bambina ritorna dai genitori e Kiwako sconta anni di prigione.
Abbiamo letto di frequente articoli di giornale con fatti analoghi, ci siamo chiesti quale incuranza da parte del padre e della madre abbia reso possibile il rapimento e quale disturbo psicologico abbia indotto una donna a compiere un simile gesto, che ci appare esecrabile, senza alcuno sconto.
Eppure…
E qui entra in gioco la bravura di Kakuta Mitsuyo che trasforma questa trama in un romanzo ricco di suspense, profondo, di varie sfaccettature.
Tutta la prima parte del libro è raccontata dalla stessa Kiwako, perciò noi sappiamo solo quello che lei ci fa sapere a poco a poco, cioè i fatti e non gli antefatti.
Non veniamo a conoscenza subito del dettaglio importante che la bambina è figlia dell’uomo che lei ha amato e che l’ha ingannata, non dicendole che era sposato, facendole poi credere che avrebbe divorziato, inducendola ad abortire e rivelandolo dopo che aspettava un figlio da sua moglie.
Comunque Kiwako entra nella casa che ha tenuto d’occhio da tempo, sente la bimba piangere, la prende in braccio, non riesce a metterla di nuovo giù e scappa. E’ come un raptus. Le dà subito un nome, Kaoru, come il suo bambino mai nato. Impara a mentire, cercando rifugio da un’amica, e poi ancora in fuga, quando trova alloggio da una vecchia in una baracca che deve essere demolita, e infine nella Casa degli Angeli, una comunità, o una setta di sole donne che accoglie altre donne in base a criteri che Kiwako non capisce (saranno chiari alla fine del libro), ad eccezione di uno: chi chiede di essere accettato nella comunità deve acconsentire a consegnare tutti i suoi averi.
Kiwako non ha scelta, si batte solo per poter tenere accanto a sé la ‘sua’ Kaoru. Va bene che i bambini degli Angeli abbiano tante mamme, ma lei vuole la ‘sua’ bambina vicino, nella stanza che le è stata assegnata.
Eppure anche questo luogo recluso non sarà per sempre, arrivano accuse - dopo tutto, gli Angeli non sequestrano forse le persone, come ha fatto Kiwako?- genitori reclamano le figlie minorenni, si teme un’indagine della polizia, Kiwako fugge ancora.
Arriverà su un’isola, un’altra illusione.
Kiwako ringrazia per ogni giorno che le è dato di passare con Kaoru.
Nella seconda parte del romanzo, cambia la voce narrante: è quella di Kaoru, ormai studentessa universitaria che ha ripreso il nome di Erina.
Come hanno marcato la sua vita il rapimento e poi il trauma della brutale separazione dalla donna che tutti le hanno insegnato ad odiare, ma che di certo le ha mostrato più amore della sua vera madre?
Erina ha cancellato i ricordi, anche se ha letto tutti gli articoli che sono stati pubblicati sulla sua vicenda e sul processo - la sua parte di storia è inframmezzata da questi testi.
E si trova, inconsapevolmente, a ripetere il modello della finta madre, di ‘quella’ donna, uscendo con un uomo sposato che approfitta di lei. E’ l’incontro con quella che - lei non lo ricorda - era stata la sua amichetta nella Casa degli Angeli, che spinge Erina a fronteggiare il suo passato.
Questo romanzo così ricco di sfumature invita a una serie di riflessioni, sul desiderio di maternità e su cosa significhi essere madre, sui legami di sangue e sulla dipendenza femminile dall’uomo, su chi sfrutta la fragilità umana e, infine, sulla difficoltà di giudizio.
Perché, pur condannando il crimine di Kiwako, non possiamo non pensare che forse la bambina rapita sarebbe stata più felice con lei.
C’è un altro aspetto ancora di questo romanzo che è molto piacevole.
Ci trasporta in un Giappone che ha i treni superveloci ma è ancora ricco di atmosfera, di feste colorate e tradizionali come quella delle bambine, il 3 di marzo, o quella in cui si affidano alla corrente le torce illuminate.
A proposito, è stata una fotografia scattata nell’incanto di queste luci tremolanti che ha portato all’arresto di Kiwako...
A cura di Wuz.it
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