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Nella dozzina del Premio Strega 2019 proposto da Sandra Petrignani- Romanzo vincitore della III edizione del PREMIO NERI POZZA e della Sezione giovani Fondazione Pini Circolo dei Lettori.
Ci sono molti modi di trasformare qualcuno in un fantasma, e Thomas Edwards si è scelto il suo.
«Bellissimo romanzo, originale e capace di arrivare dritto al lettore attraverso una trama sapientamente costruita sui canoni classici giocati fra leggerezza e ironia» - Sandra Petrignani
«Eleonora Marangoni sa come calibrare le parole e mantenere l'architettura della trama e l'attenzione del lettore sempre vive» - Stefano Malatesta
La sua vita non ha proprio niente che non va: Tom è un giovane italoinglese di buona famiglia, che abita a Londra e viaggia spesso per lavoro. Architetto, gestisce con successo uno studio di light design, e da quasi un anno fa coppia fissa con Ottie Davis, una chef in carriera con un figlio di sette anni, Martin. Ma Thomas abita il mondo solo in superficie: schivo e in parte irrisolto, lascia che la vita scorra senza pensarci troppo; il suo ricordo di un amore finito, quello per Sophie Selwood, è una presenza costante e tangibile, che illumina gli eventi e le cose che lo circondano, e ci racconta di come l'amore, o il ricordo dell'amore, possano trasformarsi in una composta e implacabile ossessione. Una strana eredità da parte di un eccentrico zio costringe Thomas a uscire dalla quotidianità. Un viaggio verso un'isola del sud Italia, un albergo affascinante e malandato e un fine settimana imprevisto – in compagnia della gente del posto e degli altri forestieri giunti a loro volta sull'isola – saranno l'occasione perfetta per sparigliare le carte, guardare le cose da un altro punto di vista e fare finalmente i conti con il passato, questo animale saggio e al contempo grottesco che sembra sempre volerci indicare la strada.
Indice
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
E molto interessante lo consiglio vivamente
Dopo le prime pagine in cui si accende una qualche curiosità, la narrazione comincia a sbandare e a perdersi fra personaggi e dettagli che annoiano più che interessare. Questa benedetta isola (cool! C'è uno a cui lasciano un'isola in eredità!) affonda in altre descrizioni e personaggi non sostenuti da un qualche scavo o lacerazione che riporti in alto la tensione e letteralmente il tutto decelera in vicende senza importanza. Purtroppo non basta scrivere decentemente per scrivere un buon libro.
Un romanzo che è un deserto dei Tartari: si legge nell'attesa che succeda qualcosa. Si creano le situazioni, si è lì lì per tirare un sospiro di sollievo nel leggere qualche avvenimento, per poi non far succedere alcunché. O meglio, nulla che il lettore si immaginerebbe. Non capita nulla di così eclatante, se non delle giornate ordinarie. Ma non è proprio questo la scrittura? Raccontare le vite di qualcuno, che non è detto siano per forza farcite di eventi grandiosi, eclatanti. Magari si vive una vita intera nella normalità e tranquillità assoluta, senza eventi di grande portata. Dall'altro lato però c'è poi un piano narrativo focalizzato sugli oggetti, narrano essi stessi una storia, che il personaggio a sua volta ricostruisce facendo capire il perché vi sia affezionato. Forse sono gli oggetti a parlare più dei personaggi, poiché è in quelle che a a prima vista possono sembrare delle cianfrusaglie che sono racchiusi i sentimenti di una storia d'amore mai dimenticata, che riaffiora. E allora si dà vita ad un'accumulazione affettiva, di sensazioni che formano una vita. L'assenza di un personaggio con cui simpatizzare, al cui affezionarsi, è bilanciata dalla possibilità di identificarsi, ritrovarsi, nei suoi gesti e nei suoi pensieri.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
I vincitori del concorso “Caccia allo Strega” 2019
Beatrice
Tom è un architetto, ma non ha a che fare con il concreto e il durevole: è un architetto di luci, cioè di quanto più mutevole e instabile esista. Con la luce lavora, ma quando si trova ad affrontare il viaggio dall’Inghilterra verso un’oscura isola dell’Italia del sud per sbrigare -crede- una semplice incombenza di eredità, è impreparato e senza difese di fronte alla potente luce meridiana che non ammette ombre. Subito capiamo che questo viaggio è diverso: è il mare viola, cioè il mare colore del vino di odissiaca memoria, che ci introduce in una realtà che ha la profondità e la solennità del mondo classico. Il suo è un nostos, un ritorno, verso la dimensione più profonda di se stesso. Nell’Hotel Zelda Tom si accosta agli oggetti, alla loro dignità e al loro potere evocativo e grazie ad essi si riconcilia con la nostalgia, che non lo porta ad uno sterile ripiegamento su di sé, ma a una consapevolezza carica di progettualità e di futuro. Sono i dettagli, i particolari di cui è fatta la vita che ci colpiscono con il loro “riverbero” e che ci permettono di cogliere il senso. Lux è un romanzo straordinario, sapientemente orchestrato, che ci porta in un mondo altro, popolato da figure tragiche, maestose come Agave o ferine come Gero, con una leggerezza incomparabile. Copertina:5 Storia:5 Stile:5
Luchito
“Quello che si porta su un’isola è soggetto a metamorfosi. Un’isola è come un dito posato su labbra invisibili, e dopo Ulisse sappiamo che il tempo non vi scorre come altrove.” In questa citazione di Nicolas Bouvier c'è tutta l'essenza di questo romanzo, che parte dall'Inghilterra e arriva in un'isola del Sud Italia “che non smette di somigliare a uno scoglio”, dove si trasforma da racconto ordinario in un'eccentrica storia intrisa di nostalgia e di attenzione per le piccole cose. La metamorfosi avviene durante l'ultimo tratto del viaggio di andata quando “una quiete attraversata dall’aria e dal sale s’impossessò della barca, spalancando la porta al genere di nostalgie che aspettano una precisa qualità di calma per uscire allo scoperto.” Il protagonista Thomas è un architetto di luci per cui “tutto lo interessava e tutto lo lasciava indifferente; solo la bellezza di cose minuscole e di connessioni effimere pareva colpirlo nel profondo, perché in quegli attimi passeggeri scorgeva la parte più vera e durevole di se stesso, quella che sapeva resistere alla noia e allo strano uso che le abitudini facevano del tempo.” Quando riceve in eredità un albergo su un'isola sperduta, con lo strano vincolo di andare sul posto per siglarne la vendita, il viaggio con la sua compagna sembra una formalità ma l'albergo e l'isola si rivelano un luogo in cui si intrecciano i “destini incrociati” di eccentrici personaggi tra cui uno scrittore “fallito geniale”, una biologa incinta e lo svogliato personale dell'albergo, alle prese con un campionario di oggetti smarriti ed una misteriosa sorgente d'acqua minerale. Romanzo leggero e gradevole, dedicato alla “gente che non lo sa, ma ha bisogno di Sud. Soprattutto quelli al Nord, con quell’aria stagnante, davanti a quegli schermi, dentro quei viali tutti uguali.” Sull'isola potranno scoprire una terrazza affacciata sul mare e “riempirsi di azzurro prima di tornarsene a casa.” Copertina: 5, Storia: 4, Stile: 4
Diario di una dipendenza
All'inizio c'è: la sensazione che la fascetta in copertina stia dichiarando il falso. Immersi nella lettura di uno dei dodici titoli candidati al Premio Strega, infatti, si ha l'impressione di leggere in traduzione italiana un romanzo straniero. Sicuri che l'esordiente Eleonora Marangoni, nuovo ingresso nella prestigiosa scuderia Neri Pozza, sia nostra connazionale? Che quella lingua sfavillante e calorosa, tutt'uno con le ambientazioni esotiche e le suggestioni del realismo magico, non abbia nessuna parentela con l'aplomb britannico o le festose armonie caraibiche? La nota biografica non mente. L'autrice, italianissima nonostante la formazione parigina, è vicina a noi ma promette di portarci lontano grazie alle suggestioni sparse della sua opera prima. La meta: un'isola rocciosa, a forma di punto e virgola, fra i flutti del Mediterraneo. Lux è una commedia surreale dal respiro classico e dall'eleganza signorile. Racconta poco, intrattiene a tratti, ma ha uno stile che incanta: sarà che la morale – a proposito dell'arte del riuso, del reinventarsi daccapo – invita per una volta a preferire il bello all'utile, il caos all'ordine prestabilito. Mi ha ricordato un certo cinema francese. Colto con leggerezza, raffinatissimo senza farsene un vanto, è irto di difficoltà ma sa mascherarlo con una grazia squisitamente femminile. Tralasciando lo strascico superfluo delle ultime cinquanta pagine, gira infatti tremendamente a vuoto ma sa misteriosamente come non annoiare mai. Gli ospiti dell'Hotel Zelda torneranno dal soggiorno cambiati per sempre nell'intimo e lo stesso, in fondo, non mi sento di promettere agli aspiranti lettori. Ma se le cose deliziose possono davvero salvare il mondo, lezione preziosissima, Lux e i suoi bagagli di piccole gioie sono un pregevole passo verso la soluzione. Copertina: 4. Storia: 3. Stile: 5.
Laura
Il vero protagonista di questo libro è anche il luogo in cui è ambientato: l’hotel Zelda su un’isola del Sud d’Italia - un’isola di cui non sappiamo quasi nulla - che pur essendo ormai malandato, mantiene il suo eccentrico fascino. Nell’hotel Zelda confluiscono personaggi dal feeling un po’ nostalgico, un po’ onirico, un po’ eclettico. Thomas Edwards, un anglo-italiano che vive a Londra, si reca sull’isola dopo aver ricevuto l’hotel in eredità da uno zio. Qui vengono sparigliate le carte della sua vita fatta di apparenze e Thomas fa finalmente i conti con il passato, soprattutto con il suo ricordo (o meglio ossessione!) di un amore finito. Il romanzo prende il titolo dalla luce che permea i contrasti degli eventi ed ambienti narrati, tra il presente apparentemente perfetto della vita di Thomas e il suo passato; tra la grigia Londra e la soleggiata isola vulcanica; tra il mare infinito che circonda l’isola e gli spazi interiori che vengono esplorati dai personaggi all’interno dell’hotel ma soprattutto nella propria intimità. Lo stile del romanzo è ricercato ma scorrevole, richiama un po’ la tradizione anglosassone (pur essendo l’autrice italiana) con un sottile humor. Da subito è facile immedesimarsi nelle atmosfere avvolgenti, il linguaggio è molto ricco ed esatto, con un gusto particolare per le descrizioni vivide. Consigliato a chiunque apprezzi una scrittura ricca di riferimenti colti e dettagli o descrizioni che prendono il sopravvento sugli eventi narrati (ma non a chi apprezza una trama forte e avvincente). Copertina 4 . Storia 3. Stile 5.
Flaviette
Siamo andati perfettamente d'accordo, io e Tom, io e Marangoni, io e questo libro, fin da subito e, soprattutto, fino alla fine. L'ambientazione mi ha come immerso in un quadro impressionista un po' inglese ma firmato italiano, in cui mi sono ritrovata disegnata, o dovrei dire, impressa, anche io: nella solitudine dei personaggi, isole che si incontrano su un'isola, ognuno con le sue ragioni, con i suoi segreti, con i suoi meriti e con le sue colpe, in fondo possiamo ritrovarci tutti, senza necessariamente avere qualcosa che non va, anzi, proprio per la nostra stessa natura che ci rende così...umani. Sta, poi, a noi, riuscire a vedere la luce, come dice Cecilia Edwards in un ricordo del figlio: "È che ho bisogno di svegliarmi e sapere che luce ci sarà fuori dalla finestra". Ecco, Tom, il protagonista, che già di mestiere la luce per gli altri la crea, la cerca, la inventa essendo un light designer, impara a trovarla per sé, tra i ricordi di chi non c'è più come in quell' "apparentemente niente di vitale" e in quel "non so che" del simpaticissimo sig. Gandini, che al buio e a lume di candela, in una notte di pioggia, all'improvviso diventa chiarissimo. Due parole sullo stile: essenziale ma completo, le frasi le ho trovate tutte al loro posto, non una parola di più né una di meno, da nessuna parte. Ho riempito due pagine di quaderno di passaggi per me illuminanti, e non c'è termine più adatto, quindi passatemelo, vi prego, ma le terrò tutte per me, perché per ogni singolo lettore sono sicura assumano un significato diverso. Stile 5. Copertina 3. Trama 4.
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