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Pier Luigi Vercesi narra, in queste pagine, le ore fatali e i personaggi che ebbero l’ardire di tener testa all’uomo che da vent’anni governava senza contraddittorio la nazione.
«Chi non parlava, lo faceva con tono fievole. Quasi non si coglieva brusio, nonostante dalle altre sale non pervenisse il minimo rumore. Solo alcuni avevano nello sguardo il presentimento dell'imminente tragedia. Gli altri erano semplicemente preoccupati, ognuno con un proprio cruccio divenuto incomunicabile. Si sentivano su una zattera alla deriva.»
Alle 17,15 di sabato 24 luglio, in una Roma devastata dai bombardamenti alleati sul quartiere di San Lorenzo, si riunisce, per la prima volta dallo scoppio della guerra, il Gran consiglio del fascismo. Ufficialmente è l’organo delle supreme decisioni; nella pratica il teatro dei monologhi del dittatore. Gli Alleati hanno occupato la Sicilia e la popolazione è allo stremo. Il 19 luglio Mussolini ha incontrato a Feltre Adolf Hitler, sperando di convincerlo ad abbandonare il fronte russo e a concedere all’Italia una via d’uscita che non comporti la distruzione del Paese. Non gli è stato concesso di aprire bocca. Da un mese, nella capitale si mormora di congiure militari, trame di palazzo, complotti vaticani. Una sola cosa è certa: Mussolini, l’onnipotente, è il busto ingombrante che qualcuno deve trovare il coraggio di abbattere dal piedistallo. La riunione, a differenza del passato, viene tenuta in gran segreto. Alcuni convocati si presentano con le tasche piene di bombe a mano, prevedendo una resa dei conti. La discussione si protrae fino alle due di notte del 25 luglio.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Molto ben scritto e corredato di documenti interessanti. Ne vien fuori quello che, oltre la ridicola retorica dei saluti romani, fu il fascismo: un gruppo di potere, con le consuete dinamiche dell'Italia di Machiavelli, fra cortigiani, doppiogiochisti, ruffiani, servi sciocchi e opportunisti di tutti i generi. Il tutto condito con inimicizie, gelosie, carrierismi, dilettanteschi slanci di incapaci arrivati senza merito a fare una carriera. Sull'orlo del disastro, questa pletora di mezze figure si riscoprì amante delle garanzie istituzionali, dopo aver contribuito per vent'anni al compiersi della catastrofe. Una pagliacciata sanguinaria, una tragedia grottesca.
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