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Anno edizione: 2020
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Garibaldi, corruzione e tradimento. Così crollò il Regno delle Due Sicilie racconta, con nuovi elementi, l’impresa dei Mille che il 5 maggio di 160 anni fa partì alla conquista del Regno delle Due Sicilie.
Nel maggio del 1860, il Regno delle Due Sicilie rappresentava ancora la più grande e longeva realtà statuale dell'antico regime, un regno - con la sua passata storia di Regno di Napoli e Regno di Sicilia - plurisecolare che appariva, sulla carta, come la principale potenza della Penisola. Con l'impresa dei Mille, in soli sei mesi si dissolse. Una caduta tanto rapida quanto stupefacente, le cui cause sono tuttora oggetto di indagine e interrogazione da parte degli storici. Narrando dell'impresa dei Mille come mai è stata raccontata, nel chiaro dei suoi eroismi e nello scuro di pettegolezzi, congiure di palazzo, voltafaccia improvvisi, diserzioni ben remunerate, Caruso mostra, in queste pagine, come corruzione e tradimento, insieme naturalmente alla risolutezza garibaldina, siano tra le principali cause della fine dei Borbone. Usando testi più celebrati, testimonianze quasi ignote e l'intrigante memoir di padre Giuseppe Buttà, cappellano del IX battaglione cacciatori di Francesco II, cui rimarrà fedele sino alla fine, il racconto non trascura nessuno dei capitoli e dei personaggi in gioco in quella pagina fondamentale della nostra storia. Così si apprende che nella scaramuccia di Calatafimi le camicie rosse di Garibaldi furono sempre il doppio dell'esangue battaglione borbonico spedito dal pavido generale Landi, più preoccupato di avere libera la via per Palermo che di ributtare a mare il nemico. La leggendaria incapacità del luogotenente Lanza, intessuta di vigliaccheria e rassegnazione al punto tale da consegnare Palermo a un Garibaldi sul punto di abbandonarla, si unisce alle mille indecisioni di Francesco, sopraffatto dall'opportunismo di ministri e cortigiani, spesso a libro paga di Cavour. E nel libro campeggiano gli spericolati intrighi del Gran Conte, che ignorava l'Italia oltre Firenze e tuttavia non si lasciò sfuggire l'occasione di farla.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Consiglio: leggete qualcosa di meglio se volete conoscere il Risorgimento, piuttosto che il solito libello che prende per oro colato testimonianze dubbie. Solo un regno marcio come quello borbonico poteva crollare in quel modo consegnando il Meridione al sottosviluppo (altro che primo Stato d'Italia! Manco le strade avevano, solo una capitale pletorica e parassitaria che viveva alle spalle della Puglia e della Sicilia, mentre le altre regioni erano praticamente isolate).
Il libro di Caruso ci conferma quella sensazione, silenziosae strisciante ,presente in tutti noi di "italica discendenza" , che il processo di unificazione avvenne per puro caso o , per meglio dire, più per fortuna di alcuni in beffa di altri! La figura di Garibaldi appare come un moderno Ethan Hunt di Mission Impossible... altri interessati attori degli eventi , come i seguaci dell'immortale pensiero del ... " che de Spagna o de Alemagna, l'importante è che se magna " ... Il Conte Cavour , nella sua figura del capo della Spectre ne completa il quadro di insieme. Al di là della iperbole, ci si rende conto che dietro l' accadimento storico , è ben presente l'azione di uomini che si muovo per il proprio interesse. Consiglio la kettura.
A chi ancora è abituato alla vecchia retorica che associava al nome di Garibaldi soltanto aggettivi legati al coraggio all'eroismo, resterà stupito leggendo accanto al nome dell'eroe dei due mondi parole come corruzione e tradimento. In effetti il titolo può risultare fuorviante, visto che Garibaldi, in questo libro, non sembra comportarsi poi così male nel teatro dell'impresa dei Mille. Corruzione, tradimento, voltafaccia e altro ancora sono semmai a casa del nemico ed è questo ad affrettarne la disfatta. Questa è infatti l'interrogativo centrale del libro: come è stato possibile che il Regno delle Due Sicilie, massima potenza dell'Italia, sia crollato nel volgere di pochi mesi, aprendo la strada ai Savoia? Caruso ha cercato di rispondere puntando anche su rare testimonianze e soprattutto sul resoconto pressoché sconosciuto del cappellano Giuseppe Buttà, siciliano e borbonico di ferro, assegnato a un battaglione cacciatori di Francesco II. Nella sua cronaca, intitolata "Un viaggio da Boccadifalco e Gaeta" e apprezzata anche da Leonardo Sciascia per l'onestà dimostrata dall'autore a dispetto della sua avversione verso il liberalismo e Garibaldi, Buttà parla anche delle tante congiure e defezioni che svuotarono dall'interno, come una tarma malefica, il colosso borbonico. Alfio Caruso è un narratore vivace che sa come raccontare senza annoiare. Così, le strategie spregiudicate di Cavour che "deve far reggere botta al suo minuscolo Piemonte", Maria Sofia di Baviera che si espone ai cannoni nemici o Francesco II sballottato fra i suggerimenti contrastanti di militari e ministri che si sbranano a vicenda hanno il piglio del giornalismo agile ma serio e documentato. E non poteva esserci epilogo migliore delle voci opposte di Garibaldi e Francesco II, l'uno rivolto ai suoi uomini per spingerli alla lotta contro il tiranno, l'altro, da sempre insicuro e indeciso, che ancora promette "tempi più felici" al suo popolo mentre l'ombra del tramonto è già alle sue spalle.
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