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Anno edizione: 2004
Anno edizione: 2005
Anno edizione: 2005
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Rosetta Loy fa riferimento alla diaristica e ai ricordi personali e familiari per ripercorrere gli anni del secondo conflitto mondiale e del dopoguerra tramite le vicende di tre giovani nelle quali si accavallano, su piani temporali diversi, gli amori adolescenziali e gli orrori della guerra, in un’Italia devastata dalle efferatezze nazifasciste, sepolta dalle macerie e nella morsa della fame e della paura; ma che dopo la Liberazione, nonostante i dolori e le atrocità attraversati, aveva davanti a sé la ricostruzione materiale e morale e un futuro di speranza. La narrazione si giova di una prosa ricca con tratti di lirismo struggente, le pagine scorrono agevoli e rievocano un periodo storico del quale l’Autrice dipinge sensazioni ed emozioni contribuendo così a serbarne la memoria, in un’epoca in cui c’è chi vorrebbe riscrivere la Storia.
Ancora un bellissimo romanzo di Rosetta Loy che suscita tutta la nostra ammirazione per la tenerezza, la profondità con cui tratta i sentimenti umani. Ecco, è una raccolta di sentimenti che l'autrice suona come una viola d'orchestra. Quanta bravura nella sua prosa, quanta saggezza nelle sue descrizioni; quale struggimento, quale malinconia le suscitano i ricordi; quante illusioni cadute; quante sofferenze portate dall'onda di piena di una guerra insensata - sono loro ad occultare il bel verde dell'albero dei ricordi. Eppure l'autrice è donna di fede, che sa guardare in alto; per lei l'aria resta comunque azzurra, un luogo incontaminato, dove l'immaginazione e il sogno possono di nuovo esistere e la fede nella vita si rinnova ancora una volta. Un bellissimo libro, come tutti quelli della Loy, da non perdere assolutamente.
é davvero pessimo..e non sono una persona superficiale!E attenzione a non farvi ingannare dal titolo che potrebbe sembrare poetico
Recensioni
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Che la tradizione del romanzo storico non si sia mai estinta ma abbia subito metamorfiche declinazioni lo testimonia tutta la produzione di Rosetta Loy, che, dopo Le strade di polvere (1987) e il saggistico La parola ebreo (1997), torna a proporre, con il suo ultimo romanzo, una variazione di quel modello narrativo, a lei così congeniale, in cui si intrecciano storia individuale e storia collettiva.
Secondo un procedimento tipico di Loy, il tema del tempo è colto attraverso una frattura, che è nel contempo cesura storica e lacerazione familiare: si tratta dell'ossessivo motivo del prima e del dopo ("il Tempo, la maledetta misura del prima e del dopo ", scrive in Cioccolata da Hanselmann , 1995). La storia di una famiglia che vive a Roma e trascorre le vacanze estive a Gravello, ripercorsa dal 1941 agli anni sessanta, è spezzata in due dalla catastrofe bellica. Una situazione che presenta una certa affinità con quella narrata in Cioccolata da Hanselmann , sia per la tipologia dei personaggi (appartenenti a un'élite borghese), sia per i temi (i rapporti familiari, l'amore travolto dalla guerra, il tradimento, la fuga), sia per la struttura narrativa. C'è in Loy una particolare attenzione a una costruzione per blocchi, per sequenze, che ha strettamente a che vedere con la centralità del tempo: il senso del tempo è innanzitutto senso del ritmo narrativo. La sua prospettiva è storica ma non storicistica (come ha rilevato Garboli, "non esiste in Rosetta Loy un tempo universale, gerarchico, prospettico (...) come principio d'ordine. Esiste solo il tempo che va, viene, ritorna, secondo il capriccio e la mutevole anima delle cose"), in quanto la storia è un'entità sfuggente che non può darsi che per frammenti: "La storia è un pesce dentro un acquario, va e viene sotto il tuo naso senza che tu possa mai afferrarlo", si legge in Cioccolata da Hanselmann .
Sui percorsi tracciati dagli agenti della storia "sono franate le montagne, l'erba ha invaso i sentieri"; fra gli eventi accaduti e il presente "gli spazi si fanno più grandi, le voragini diventano incolmabili e le date rotolano, si affossano nel fondo tra le sterpaglie e i sentieri scomparsi": quasi un'epigrafe, nell'incipit del romanzo. Solo la limpidezza cristallina dello stile può imporsi come sogno o simulacro di ordine e eternità. In un flusso altalenante che fa succedere senza soluzioni di continuità eventi fra loro cronologicamente distanti, accade talvolta che uno stesso frammento di passato venga narrato in un contesto e poi ripreso in un altro. Si tratta di una finissima capacità di manipolazione per cui l'identità si scopre come alterità: il passato,avvolto da una patina di nostalgia, ritorna ossessivamente nel presente, talvolta mutato di segno. Una strategia di spiazzamento prospettico in cui è coinvolto anche l'epilogo che, dopo la conclusione della vicenda (che echeggia l'uccisione rituale di Santina in La luna e i falò ), recupera il remoto passato in cui l'idillio non aveva ancora svelato il suo volto tragico: et in Arcadia ego .
Tutta l'ultima parte, costruita su un montaggio parallelo alternato di sapore cinematografico, in cui le sequenze della strage di Sant'Anna di Stazzema si intersecano con quelle di interni nella villa di Gravello, mira a convertire il ripristino di un'illusoria normalità della vita familiare (dopo la requisizione della casa da parte di un comando tedesco) in una duplice tragica fuga: della figlia maggiore innamoratasi di un militare tedesco, e degli altri membri femminili della famiglia che sfollano dalla villa su cui incombe la strage già perpetrata nei territori vicini. L'intero libro è percorso da questo destino di rovesciamento, di duplicità: sono le contraddizioni della Storia ("Una scritta che festeggiava una vittoria che nel giro di pochi anni si era tramutata in catastrofe")e del destino individuale ("È Ludovico il diavolo e l'angelo, il corruttore ma anche il Robin Hood della vita più segreta e nascosta delle pianure").
Come rivela l'immagine paratestuale - fra il lirico e il pittorico - dell'"albero dei ricordi" che si staglia nero contro l'azzurro aereo, a campeggiare è allora (più che la Storia o il Tempo) la memoria, nella quale reciprocamente si implicano oscurità e nitore (che è poi il nitore della prosa). Come a dire che la salvezza dei personaggi (e dell'uomo) sta in quel demone della memoria (e della lingua) che è la sua condanna.
E. Tonani è dottoranda in analisi e interpretazione dei testi italiani e romanzi all'Università di ???
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