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Per il tal Lubrano: rimane sempre la diffamazione... che rende lo scrittore famoso... (o l'artista). Più stiamo qui a scrivere della Cilento e più la rendiamo importante, sia che ne diciamo bene o che ne diciamo male. Ad esempio: dicono che Madonna non sappia cantare, né recitare, né ballare, né scrivere... intanto è una delle più pagate... non so come abbia fatto lei, ma almeno salviamo la Cilento! Se dice che siamo state volgari, beh! allora legga Nonostante Clizia di Pinketts... sono sicura che i capelli le diventeranno bianchi prima del tempo (lo trova su IBS e può inserire un commento se vuole). annarella
Per rispondere alla annarella. Il mio giudizio rimane: il libro è brutto brutto brutto. Tre volte brutto. Ho faticato a leggerlo. L'ho portato fino alla fine per il rispetto dei soldi spesi che vorrei mi venissero restituiti. Non ho nulla contro l'autrice; nè personalmente, ho la fortuna di non conoscerla; nè professionalmente; sono solo un semplice lettore di libri ed abitualmente compro, per campanilismo, qualsiasi cosa abbia scritto qualcuno della mia città; tranne casi limite, ovviamente. Non è questo l'unico libro illeggibile ultimamente capitatomi tra le mani. Ma non val la pena qui parlare degli altri. Una narrazione stentata, artificiosa, balbettante; tante le pagine saltate perchè inutili ed ininfluenti sulla presunta narrazione. Nessuna passionalità, calore, orgoglio in queste pagine. Tante le immagini davvero volgari e gratuite. Ma forse “annarella” ama la volgarità tant’è che la usa tranquillamente in un commento ad un libro; probabilmente per qualcuno la volgarità è indice di crescita, maturità. Contente loro. Facile dire di amare Napoli ed i napoletani quando poi si ritorna a casa propria e li si vede da lontano. Difficile è esserci dentro. Capita spesso che la narrativa femminile sia illeggibile. La narrazione scritta è qualcosa di particolare; deve manifestare padronanza della parola, capacità di creare immaginazione; trasposizione dall’irreale al realistico; creazione dell’artifizio linguistico che tende a sostituire la crudezza di una descrizione virtuale in immagine reale. Immagine che è il lettore a dover materializzare e non l’autore. L’autore deve dare solo l’imput. Il resto spetta al lettore. Non per niente scrivere non è una cosa facile! Se si leggesse di più, qualitativamente di più, si riuscirebbe a scrivere meglio. Ma purtroppo oggi si pubblica di tutto. Non capirò mai il perchè.
A parte che non immaginavo che IBS potesse pubblicare recensioni diffamatorie simili a quella che ho letto del tal Paolo Lubrano che dovrebbero essere cestinate... spinta proprio da questa recensione ho comprato il libro Neronapoletano e l'ho letto in due sere. I napoletani sono volgari e scurrili, è per questo che ogni volta che mi trovo a Napoli non vedo l'ora di ritornare a casa, ma sono anche passionali, orgogliosi, calorosi, affamati, disgustati. Sono queste le sensazioni che traspaiono dal leggere il libro della Cilento. Non ha parlato della manomorta che ti palpa quando sei su un tram o nella metropolitana né del pisello che prende aria quando sei di fianco ad un tipo sudicio... Ha narrato una storia di pura fantasia in un ottimo italiano, descrittivo e ben tornito. Si lascia leggere dalla prima all'ultima pagina con molta simpatia e allegria e fa bene, di tanto in tanto, leggere cose diverse che ti facciano rasserenare e non dolere la testa per la pesantezza e le inutilità verbali. Sono contenta di averlo letto. Peccato non sia piaciuto al tal Lubrano, ma forse deve avercela con la Cilento per motivi puramente personali e non professionali.
Recensioni
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"Ogni epoca, per trovare identità e forza, ha inventato un'idea diversa di 'classico'. Così il 'classico' riguarda sempre non solo il passato ma il presente e una visione del futuro. Per dar forma al mondo di domani è necessario ripensare le nostre molteplici radici" (Salvatore Settis, Futuro del "classico" , Einaudi, 2004). Quando si legge Neronapoletano , il secondo romanzo di Antonella Cilento, non si può non pensare a questa definizione dell'ultima provocazione pamphlettistica del direttore della Normale di Pisa. Scomodare un accademico per un giallo storico con spruzzi di noir può sembrarvi troppo? Leggete allora questa storia che ha, come tutti i buoni testi - e le vite veraci - un prologo nell'infanzia e nella favola e che, partendo dalla contemporaneità, ci porta nel periodo del Vicereame spagnolo partenopeo con le sue coniurationes , i suoi Lumi, con l'eterna primavera napoletana delle arti.
Elide Sorano è una trentenne impiegata dei Beni culturali che ha una vita fatta di agorafobie e di fiati corti. In una Napoli dove il tempo atmosferico cambia a ritmo vertiginoso anche il tempo sembra essere cattivo feudatario. La nostra protagonista vede infatti personaggi reali che rimandano negli anditi più nascosti della sua memoria a personaggi di quadri caravaggeschi. In un crescendo di interesse - ma con la solita lingua di Cilento: lieve e sostanziosa - Elide è sballottata tra amori, ricerche di testi antichi, perizie per stabilire la provenienza di oggetti artistici. Tutto questo perché c'è stato un furto di un ostensorio appartenuto a Tommaso Campanella, di una tela di Solimena raffigurante un Cristo in ombra e di altri reperti storico-artistici che furono nella disponibilità di Vico. Elide, quindi, addentrandosi nella sua città piena di vertigini urbanistiche, sociali e storiche, è vittima di una congiura nel Duemila, come lo era stato nel settembre 1701 il viceré Don Luis de La Cerda di Medinaceli. Una serie di coincidenze sospette le scombussolano la vita: incrocia per strada un celebre attore che crede di conoscere, entra per caso in una chiesa nel pieno centro della città e che pure sembra abbandonata, le arrivano strane e-mail a nome di un tale Luis de La Cerda, s'invaghisce di un giovanissimo attore...
In una continua sovrapposizione fra passato e presente, fra la Napoli convulsa del Duemila e quella oscura e spagnola del Settecento, Elide è coi nvolta - suo malgrado - in un'indagine volta solo in apparenza a rintracciare antichi oggetti e che la porterà invece a scovare oscure connessioni fra la sua vita e un episodio violento della storia cittadina. La ricercatrice Sorano diviene così la nuova reincarnazione della città napoletana che sta imparando a fare i conti con la sua storia e le sue frustrazioni. Ed è qui che rientra il discorso in epigrafe richiamato da Settis e che si intende riprodotto sub specie narrativa. Se in questo caso Napoli resta solo una grande gora dove affogare le sue millenarie stratificazioni che non hanno ricadute cogenti sul suo futuro, allora si perde del classico il messaggio che concerne la sfera del presente - l'autrice tiene molto a questo profilo - e il coraggio di progettare un futuro che abbia il destino come scelta. Se invece si vive coscienti del passato, cercando nel presente di andare - "vado per chiese, vado per musei. E Aspetto. Aspetto l'amore. Aspetto che il tempo passi" -, allora il futuro non potrà essere una ripetizione infruttuosa degli sbagli del passato ma costituirà materiale per una favola adulta che rimetta ancora in ordine, senza più incubi, le colpe di ognuno.
Con questa prova Cilento dimostra la sua maturità stilistica, ottenuta grazie a un continuo lavoro di sgrossatura del testo, fatto di quotidiane e intense sedute per rendere calvinianamente leggera la sua prosa e - a un'attenta lettura - anche una parentela narrativa con un grande scrittore, napoletano d'adozione, ma cittadino del mondo alla Malaparte: Gustaw Herling. Soprattutto nell'ultima ristampa di De Matteis - L'isola , l'ancora del mediterraneo, 2003 - si sente quella riuscita gioia della narrazione che accomuna sotto la voce "talento" Herling e la Cilento. Quella stessa gioia che la scrittrice napoletana riversa nel suo laboratorio di scrittura creativa che ha prodotto ultimamente in Antonella Del Giudice una finalista al premio Calvino per romanzi inediti.
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