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Anno edizione: 2015
Anno edizione: 2006
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Indice
Intro
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Ultima pagina, letta rallentando,con un filo di magone, come a non voler finire il viaggio. Brizzi mi ha portato con la sua consueta sapienza narrativa, la sua potenza espressiva e la sua capacità evocativa lungo questo viaggio carico di valenze simboliche che proprio in quanto tali hanno saputo toccare le corde più recondite del mio essere. E che dire della costante attenzione alla descrizione paesaggistica ricca e mai banale. Un nostro orgoglio il Brizzi, punta di diamante della letteratura dei nostri tempi, in costante crescita. Chapeau, come sempre.
bellissimo. Pregio del libro è il grande equilibrio tra le descrizioni paesaggistiche e le avventure pazze tipiche del suo stile
Dopo "Bastogne", avevo abbandonato la lettura delle opere di Enrico Brizzi. Il tema del viaggio mi ha spinto a leggere "Nessuno lo saprà" e la sua lettura mi ha fatto riscoprire Brizzi e la sua enorme bravura.
Recensioni
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“Un’intera tribù di anziani, perlopiù in abito scuro e cappello, gioca a carte ai tavolini sotto il pergolato. Devono essere in corso una dozzina di partite in simultanea, e se pure si tratta solo di un circolo Arci, un silenzio semiprofessionistico, carico d’ipotesi e subipotesi, aleggia sulle teste dei giocatori.”
Uscito definitivamente dal branco e dall’adolescenza, Enrico Brizzi ora propone un testo “adulto”, un libro di viaggio, un particolare romanzo di formazione in cui il camminare attraversando l’Italia, dal mare Tirreno all’Adriatico, diventa sia una speciale guida per trapper nostrani dotata di essenziali cartine geografiche che indicano itinerari e sentieri, sia un modo per conoscere l’Italia meno nota delle montagne e delle vallate del Centro, ricca di piccoli paesi, di borghi e di cascine ospitali.
Ma il cammino, che solo per gioco si fa a un certo punto pellegrinaggio, è anche un mettere alla prova se stessi (tutto ciò ben lontano dalle prove estreme di certi sport alla moda), la propria tenacia e la propria voglia di libertà. Quando si attraversano centinaia e centinaia di chilometri, zaino in spalla, le vesciche ai piedi doloranti, le spalle bruciate e la volontà precisa di non cedere alla stanchezza perché il premio consiste proprio nell’”avercela fatta”, allora si può anche far andare la testa, ritrovare un po’ di infanzia a fianco del fratello, un po’ di adolescenza negli abboccamenti con qualche bella ragazza davanti a un bar di paese e, nello stesso tempo, la voglia che il bimbetto di pochi mesi rimasto a casa con la mamma (un po’ seccata di questa vacanza solitaria del giovane marito scrittore) possa diventare un giorno compagno di avventure. "Mentre cammino, penso, e i pensieri più spigolosi si levigano da soli. Per via dell'attrito. È una regola fisica", dice uno dei compagni di viaggio, il Vietnamita, ed è quello che avverte il lettore: non c’è nulla di spigoloso non solo nei pensieri ma anche nella paura di smarrirsi, nei dialoghi, negli incontri, nei cani che fanno paura e nell’orco di montagna dai capelli rossi e dalla burbera generosità. Le foglie di khat, che possono risollevare un po’ il morale, una ragazza che ti abbraccia e ti dice “Pace” nell’orecchio, l’amico libraio che ha fallito il suo progetto e che si è fatto fuori la riserva di “foglie” del Vietnamita, la jente de macchia e le sue bellissime figlie, la tenda rubata e la rassegnazione del dormire sotto le stelle, ragazzini svegli e simpatici con cui conversare e da cui sapere storie di bande di bambini pieni di fantasia: mille le piccole avventure, le storie che nascono con naturalezza dalla penna di Brizzi che riesce sempre a renderle divertenti, vivaci, brillanti. Il narratore si rivolge direttamente al Brizzi viaggiatore, come un fuori di sé che osserva con affetto e simpatia un sé pronto a mettersi in viaggio: “e non sei partito per conoscerti meglio, o conoscere meglio i tuoi amici. Volevi disconoscerti, se mai. Dimenticare il tuo nome e restare nudo con la fatica e la gioia, vicino a qualcuno di cui potevi fidarti e alle cose essenziali che conoscevi da sempre”.
A cura di Wuz.it
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