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"Cronache dal paese scuola" potrebbe intitolarsi questo libro sulla scuola dell'integrazione: è lo stesso autore a suggerircelo, paragonando la scuola a un paese da visitare per scoprire gli angoli più nascosti, quelli di cui le guide turistiche non parlano, gli aspetti meno ovvi. Riportata alla scuola, questa metafora suggerisce le buone pratiche, in particolare le buone pratiche di integrazione di alunni stranieri, o ritenuti tali. Perché anche il termine "straniero" è ambiguo: anche se nasce in Italia e anche se l'italiano è la sua prima lingua, il figlio di due genitori stranieri è considerato "straniero". Sono circa 264.000 gli alunni nati in Italia da genitori immigrati, ovvero il 40 per cento del totale, con punte che salgono all'80 per cento nella scuola dell'infanzia. E originano da 180 nazioni diverse (le nazioni in tutto sono 194). Eredi di un'altra immigrazione che ha interessato il Nord Italia, quella degli anni cinquanta e sessanta, quando migliaia di alunni calabresi, siciliani, pugliesi, lucani, si sono riversati nelle classi del Nord Italia, creando gli stessi problemi, le stesse difficoltà, ma offrendo le stesse opportunità e le stesse risorse che si avvertono oggi di fronte ad alunni con diverse radici culturali. Ne è testimonianza la vicenda della scuola elementare Gabelli di Torino, quartiere Barriera di Milano, che ha sperimentato tutta la trasformazione culturale dell'immigrazione dalla metà degli anni cinquanta, modificando e adattando le tecniche, le metodologie didattiche e i sistemi di accoglienza. Spesso gli immigrati meridionali erano figli di contadini la cui lingua veicolare era il solo dialetto, mentre gran parte degli alunni stranieri sono figli di genitori colti, spesso laureati, e più spesso bilingui. Come la mamma albanese di Matera, che confessava di essere stata trattata da ignorante finché non si è saputo che al suo paese era maestra. Il viaggio di Vinicio Ongini, autore di saggi e racconti per bambini, esperto presso l'Ufficio integrazione alunni stranieri del ministero dell'Istruzione, inizia dall'estremo Nord-Ovest della penisola, Dronero, dove si incontrano le storie delle masche della Val Maira e delle sciamane ivoriane, per concludersi solo dopo oltre duemila chilometri all'Istituto comprensivo Laura Lanza baronessa di Carini di Palermo, dove santa Rosalia diventa l'Avatar della dea Kalì. E fa tappa a Riace, paese dei Bronzi, dove la scuola vive solo grazie alla presenza degli alunni immigrati. Innumerevoli i sistemi inventati dalla scuola (o meglio, dalle scuole) per integrare i nuovi arrivati: a Bra lo sfondo integratore diventa la gastronomia, mentre all'Istituto comprensivo Sampierdarena 2 di Genova è il latino. All'Istituto Daniele Manin di Roma, nel quartiere Esquilino, circa il 50 per cento di iscritti stranieri, tra primaria e secondaria, hanno trovato le scarpe come strumento di intercultura, approfittando dell'esposizione Quattro passi nell'Oriente del vicino Museo d'arte orientale Giuseppe Tucci, o forse perché esistono circa 350 versioni del racconto di Cenerentola, oppure perché, come ci ricorda l'autore citando Marco Aime: "Quanta retorica sulle radici, sono le scarpe che contano!". E, metaforicamente, le scarpe, cioè l'incontro tramite il viaggio, sono le protagoniste del progetto della Regione Toscana Ponte a 18 archi, che coinvolge nove scuole toscane e nove del distretto cinese di Wenzhou, in uno scambio reciproco di visite e ospitalità. Così si scopre perché i bambini cinesi sono più bravi in matematica (tanto che alcune scuole degli Stati Uniti hanno importato di sana pianta metodologia, manuali e programmi delle scuole cinesi) o ci si stupisce del ritratto di Maria Montessori accanto a quello del presidente Mao sulle pareti delle aule. In fin dei conti, come ha osservato un liceale milanese di ritorno da un anno di scuola in Cina, ci troviamo su uno "skateboard esistenziale", dove l'equilibrio è il risultato di una serie di squilibri. E cosa più della scuola Casa del Sole, nel Parco Trotter a Milano, nei pressi di via Padova, richiama questa immagine? Vista dai meccanismi securitari, via Padova è il luogo da tenere sotto stretta sorveglianza, per un episodio che ha visto coinvolte le comunità araba e latinoamericana qualche anno fa. Visto dalla Casa del Sole si tratta di un ambiente educativo ricco nel quale si sperimentano inedite pratiche di apprendimento e solidarietà. "Contro venti e maree": la scuola che esce dalle pagine di Ongini, e dalla prefazione di Tullio De Mauro, è la scuola della resilienza, ovvero del cambiamento attraverso la resistenza e della risalita, della ripresa. Che si affanna a riprendere l'ultimo e manda alla società e alle istituzioni, a partire dal Monviso, patria degli scalpellini cinesi, una richiesta di attenzione. Riprendendo Mario Lodi, c'è speranza se questo accade nelle scuole d'Italia. Gino Candreva
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